Meloni, ultimatum al centrodestra: «Nessuna alleanza senza accordo sul premier»

Le parole della leader di FdI in un'intervista al Tg5 e la replica del capo del Carroccio: coalizione in fermento

Lunedì 25 Luglio 2022
Meloni, ultimatum al centrodestra: «Nessuna alleanza senza accordo sul premier»
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Vogliono togliere lo scettro di Palazzo Chigi a Giorgia, e la Meloni reagisce. Duramente. Non solo si appella alle regole - e dice a Salvini e a Berlusconi che la regola ha sempre funzionato così: «Chi ha più voti diventa premier del centrodestra» - ma minaccia ritorsioni nel caso i due, che non stravedono all’idea della leader FdI a Palazzo Chigi e stanno pensando a come evitare questa sorte, insistano nel volerla sgambettare.

Tensione alta, altissima. I sondaggi vanno molto bene per il centrodestra ma i rapporti interni non funzionano proprio. E questa guerra sulla premiership è destinata a non concludersi presto. «Se non dovessimo riuscire a metterci d’accordo su chi va a Palazzo Chigi - attacca Giorgia - non avrebbe senso andare al governo insieme. Confido che si vorranno confermare, anche per ragioni di tempo, regole che nel centrodestra hanno sempre funzionato, che noi abbiamo sempre rispettato e che non si capisce per quale ragione dovrebbero cambiare oggi».

Insomma - e la Meloni lo dice proprio ai microfoni del Tg5, proprietà berlusconiana - o Silvio e Matteo accettano di avere lei come premier se lei arriva prima, e lo devono accettare nei fatti e non solo con vaghe promesse, oppure FdI al voto si presenta da sola, senza alleati, convinta di fare il pienone di voti e di lasciare i partner a secco. Finirà così la disfida dentro il centrodestra? Forza Italia e Lega prendono tempo, Salvini rassicura Giorgia ma per dovere d’ufficio («Certo che la regola sarà la solita») e insieme i forzaleghisti ripetono che un accordo si troverà. Ma il partito di Giorgia Meloni insiste, e vuole una risposta immediata. Anche perché stanno molto insospettendo le voci della manovra salvinian-berlusconiana: unire i due gruppi parlamentari dopo il voto, dimostrare che hanno più deputati e senatori di FdI e in base a questo calcolo (pensano di arrivare almeno al 30 per cento insieme, mentre i meloniani sono dati intorno al 25) poter scegliere loro, in una grande assemblea pubblica di tutti gli eletti, chi sarà il successore di Draghi. E non vorrebbero che sia Giorgia. Tajani ci mette del suo: «A me interessa che il centrodestra vinca, poi penseremo a chi alza la coppa. Perché se non si vince, la coppa non la alza nessuno». La Meloni trasecola. E già non aveva preso bene le indiscrezioni Ppe secondo cui i popolari europei a Chigi vorrebbero proprio lui, l’amico Tajani. 

Salvini cerca di frenare l’ira di Giorgia: «Lasciamo a sinistra litigi e divisioni. Per quanto ci riguarda, siamo pronti a ragionare con gli alleati sul programma di governo partendo da tasse, lavoro, immigrazione e ambiente. Chi avrà un voto in più, avrà l’onore e l’onere di indicare il premier». FdI vorrebbe vedere per iscritto, con un patto netto e preciso da firmare subito, queste parole. Così come pretende un patto anti-inciucio - ovvero il giuramento che Salvini e Berlusconi non faranno mai altri governi fuori da quelli di centrodestra, dopo che sono andati con Draghi - la leader di FdI ma i partner non si vogliono impegnare formalmente. 

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SPARTIZIONE
Se la minaccia di andare da soli al voto si dovesse realizzare, quelli di FdI impedirebbero al centrodestra di vincere tanti collegi uninominali al Nord, specie alla luce dell’accordo di Calenda con il Pd, mentre il partito meloniano farebbe il pienone anche da solo al Sud (c’è chi dice che come nel 2008 li prese quasi tutti Forza Italia e nel 2018 quasi tutti M5S, ora sarebbe la stessa cosa per i Fratelli d’Italia) e avrebbe un’ottima riuscita, visto il successone alle Comunali, anche nelle circoscrizioni settentrionali. La bomba G, come Giorgia, sul centrodestra avrebbe insomma conseguenze atomiche. La leader è anche molto irritata per il lodo Calderoli. Di che cosa si tratta. Il Dottor Sottile della Lega ha nelle mani l’algoritmo della suddivisione dei collegi uninominali. Secondo il metodo Calderoli, per l’assegnazione, si deve fare media tra sondaggi attuali, sondaggi degli ultimi mesi e risultato del 2018. La Meloni obietta che questo metodo la penalizza, e che è un imbroglio visto che s’è sempre fatto diversamente: ovvero solo la media degli ultimi sondaggi dei tre maggiori istituti demoscopici. 
Meloni ha stanato Salvini e Berlusconi («Ci vogliono fregare», dicono in FdI) e domani al vertice si presenterà con un pacchetto prendere o lasciare. Con tre punti cardine: scelta del premier al più presto; decisione rapida su spartizione dei collegi uninominali e scelta dei candidati adatti; programma di governo. I due maschi della coalizione le daranno molto filo da torcere ma lei si sente molto più forte di loro. 

Ultimo aggiornamento: 26 Luglio, 19:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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