Berlusconi a Meloni: «Ecco i miei nomi, fai tu. Gli appunti su di te? Non erano parole mie»

E ora Silvio riconosce la leadership di Giorgia

Lunedì 17 Ottobre 2022 di Mario Ajello
Berlusconi a Meloni: «Ecco i miei nomi, fai tu. Gli appunti? Non erano parole mie»
1

C’è un passaggio d’epoca, e una trasmissione dello scettro, nell’immagine di Berlusconi che attraversa l’uscio della sede di via della Scrofa per recarsi da Meloni.

Il Cavaliere a Fini - tranne una visita sul finire degli anni ‘80 quando lui era un imprenditore e andò nella stanza dell’allora segretario del Msi a parlargli di tivvù - mai concesse l’onore di recarsi lui dall’altro e non il contrario, perché la regalità di Silvio s’incarnava anche nella magnificenza sontuosa di Villa San Martino e di Palazzo Grazioli dove risaltava la piccolezza degli ospiti e lo splendore anche politico del padrone di casa.

Meloni l’ha accolto con la naturalezza di chi si sente forte. Ed è andata subito al punto: «Non porto nessun rancore, Silvio». E lui: «Ti giuro che quegli aggettivi su di te scritti nei miei appunti erano solo le cose che avevo sentito dire dai senatori e non erano affatto pensieri miei. Lo sai quanto ti ammiro...». Amici stretti di Silvio e di Giorgia, come l’ex senatore Francesco Giro, prima dell’incontro hanno mandato whatsapp sdrammatizzanti a Meloni per dirle: «Guarda che il Presidente non ha nulla contro di te». 

Fa comunque impressione l’aspetto facciale. Quando Berlusconi arriva nel cortile del sede di FdI, Meloni in giacca fucsia lo accoglie con un sorrisone e lo aiuta a scendere dall’auto. Mentre il volto di lui è molto serio. Non sembra proprio entusiasta di dover andare a casa di Giorgia. Ma è uomo di mondo e non c’è tensione ma un vicendevole «guardiamo avanti» in questo faccia a faccia a quattr’occhi. Senza mediatori presenti (ma il lavoro dietro le quinte è stato notevole) e senza salamelecchi a parte quello iniziale in cui Berlusconi si scusa per il ritardo di 35 minuti.

Nell’incontro di ieri c’è l’ancien régime che cerca di proiettarsi nella nouvelle vague. Diversi «antropologicamente» i due, come ha scritto Meloni nella sua autobiografia «Io sono Giorgia». Diversi per generazione. Diversi perché se lui non ha mai creduto ai partiti, e ha una concezione carismatica della democrazia, lei la forma partito la adora e la ritiene il sale di tutto. E infatti, assicura Gianfranco Rotondi amico di entrambi, «non è vero proprio che Giorgia mollò il Pdl perché nostalgica e più di destra».

 

Il dissenso tra i due avvenne quando nel Pdl si delineò alla vigilia del voto del 2013 un fronte favorevole alle primarie per scegliere leader e candidato premier. Berlusconi prima disse ok alle primarie, e nei gazebo Meloni e Crosetto volevano correre mentre Fitto da pezzo forte (nelle Europee 2014, ebbe il record italiano di voti nonostante Berlusconi) sosteneva Alfano, ma poi i berluscones cominciarono a dire: la conta si fa solo se Silvio non vuole candidarsi. Silvio si ricandidò, e Giorgia capì definitivamente che egli rifiutava alla radice l’idea di un partito contendibile. Ma adesso è tutta un’altra storia. E c’è Berlusconi a via della Scrofa che passa un paio di fogli a Giorgia e le dice: «Qui ci sono i miei desiderata sui ministri, scegli tu».  Ecco, Meloni e Berlusconi possono stare insieme, ci staranno per 5 anni probabilmente e non hanno nessun tipo di acredine personale. C’è solo la concezione della politica a dividerli: una è di tipo aziendale, l’altra è di tipo militante. 

Meloni-Berlusconi, accordo sui ministri più vicino: Tajani agli Esteri, Casellati alle Riforme e Nordio alla Giustizia

POESIA E PROSA

Chi li frequenta è portato a dire che per una sorta di astuzia della storia Berlusconi, sotto sotto, è lieto di passare il testimone a una donna e non a un uomo. A fungere da ufficiale di collegamento tra i due leader è ancora una volta La Russa. Anche stavolta, è stato lui ad apparecchiare la tavola dell’incontro di ieri. Al quale non ha potuto partecipare perché ormai è una carica istituzionale: «Sono venuto nel palazzo perché qui ha sede la fondazione di An e devo sbrigare delle pratiche», ha detto. Ma ovviamente si è affacciato al summit. 
E comunque: a Silvio piace Giorgia perché «non fa poesia ma prosa dura». Durezze rispetto alle quali Berlusconi non ha ancora preso completamente le misure, ma il personaggio - come tutti sanno - è campione di realpolitik. E sarà questa, come sempre, a dominare. 

Ultimo aggiornamento: 19 Ottobre, 07:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci