Giorgia Meloni: «Chi non condivide l'atlantismo è fuori dal governo, anche a costo di non farlo»

Il piano: decidere da sola la lista per poi andare in aula e farsi votare la fiducia

Mercoledì 19 Ottobre 2022
Meloni: «Ue e Nato caposaldi, chi non è d'accordo fuori dal governo»
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Giorgia Meloni nella sua war room ha messo a punto, da qui al conferimento dell’incarico e anche dopo fino alla formazione del governo e al giuramento, quella che in FdI chiamano «la strategia anti-caos». Ovvero, un percorso in cui «nulla deve distrarci» (tantomeno gli audio berlusconiani pro-Putin che qualcuno tra i melonisti arriva a definire forse «un tentativo di destabilizzazione proveniente dall’estero» ma la leader: «Non deroghiamo minimamente dall’atlantismo»), ma – a questo punto – con paletti ancora più chiari.

La nota, all’ora di cena, è netta: «Su una cosa sono stata, sono, e sarò sempre chiara. Intendo guidare un governo con una linea di politica estera chiara e inequivocabile. L’Italia è a pieno titolo, e a testa alta, parte dell’Europa e dell’Alleanza atlantica. Chi non fosse d’accordo con questo caposaldo non potrà far parte del governo, a costo di non fare il governo».

E ancora: «L’Italia con noi al governo non sarà mai l’anello debole dell’occidente, la nazione inaffidabile tanto cara a molti nostri detrattori. Rilancerà la sua credibilità e difenderà così i suoi interessi». Poi il punto chiave, rivolto ai futuri ministri: «Su questo chiederò chiarezza a tutti i ministri di un eventuale governo. La prima regola di un governo politico che ha un forte mandato dagli italiani è rispettare il programma che i cittadini hanno votato».

LA LINEA

Certo, finora la leader aveva tentato di mantenere una linea zen. Quella che Guido Crosetto sintetizzava così: «Il saggio poeta Khalil Gibran - dice Crosetto - ha scritto che quando ha piantato il suo dolore nel campo della pazienza ha poi raccolto il frutto della felicità». Ma ora, dopo le ultime complicate 72 ore, la linea Meloni si compone di questi passi condivisi con i suoi consiglieri e colleghi da war room: mi faccio la lista dei ministri da sola, cercando di non scontentare nessuno, poi alle Camere vediamo chi mi vota la fiducia e chi no. Con la convinzione che la fiducia tutto il centrodestra la voterà, perché non potrà non votarla senza mettersi contro il buon senso, contro le aspettative del Paese (anche chi non ha votato per Giorgia vuole un governo subito funzionante, se non altro per metterlo alla prova) e contro l’urgenza dei problemi da risolvere e la coesione nella maggioranza assolutamente necessaria per affrontarli. L’idea del «siamo in una botte di ferro» - immagine scelta da uno dei super-big meloniani - è quella che muove le mosse della premier in pectore. Che, a detta di chi con lei condivide le giornate, non è così spaventata dalle fibrillazioni in corso e non è neppure così tanto irritata - «Ho la corazza», dice di sé - come la dipingono i media. 

 

Semmai, i tentativi di disordine la stanno spingendo a una caparbietà anche maggiore. Favorita, e qui Meloni che pure non è una feticista di sondaggi è soddisfatta nel vederli, dal fatto che secondo le ultime rilevazioni il consenso dei cittadini verso la sua persona cresce quasi quotidianamente. Anche per questo - ma non è affatto questa la sua strada maestra - se la corda viene tirata troppo «non abbiamo certo paura», assicurano nella war room, «di andare al voto». Ipotesi remota, forse, ma la pistola sul tavolo è bene tenerla sempre, assicurano ai vertici di FdI, perché «non permetteremo a nessuno di rovinare il lavoro fatto fin qui e che ci ha portato, grazie al voto degli italiani, ad assumere la guida del governo se Mattarella darà l’incarico a Giorgia». 

PRINCIPI E GARANZIE

Il principio inderogabile, rispetto al quale non è disposta di arretrare neppure di un centimetro, è che la sua premiership è stata legittimata dalle urne e vuole praticarla proprio in ossequio a questo mandato popolare stilando la sua lista dei ministri e sottoponendola al giudizio di Mattarella. Secondo la prassi costituzionale, la leader - dicono i suoi - sta lavorando a una squadra ben attrezzata e equilibrata ma anticiparla sarebbe una mancanza di rispetto verso il Quirinale e un vulnus istituzionale che Giorgia minimamente ha intenzione di compiere e vorrebbe che anche gli altri si comportassero in questa maniera rigorosa. 
La strategia della pazienza più determinazione significa anche non farsi influenzare dalle chiacchiere filo-putiniane. Nessun ministro filo-Zar in squadra. Quanto alle manovre di destabilizzazione, questo potrebbe esserci scritto come in uno slogan all’ingresso della war room di Giorgia: Azioni di disturbo che l’Italia non merita».

 

Ultimo aggiornamento: 21 Ottobre, 07:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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