Salvini e il rosario sul palco, i preti trevigiani: «Strumentalizza la fede»

Mercoledì 22 Maggio 2019 di Mauro Favaro
Salvini e il rosario sul palco, i preti trevigiani: «Strumentalizza la fede»
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TREVISO - I preti trevigiani contro il vicepremier Matteo Salvini. Anche sui social network. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è arrivata alla fine della manifestazione della Lega andata in scena a Milano, quando il ministro dell'Interno, rosario in mano, ha invocato la protezione della Madonna. «Sono sicuro che ci porterà alla vittoria», ha scandito. Un'uscita che si aggiunge alla tensione con il mondo cattolico per i porti chiusi e la gestione dei migranti. Ma la Lega blinda il suo leader: «I sacerdoti - tuona Fulvio Pettenà - smettano di fare comizi dal pulpito». 
LE CRITICHE Don Antonio Guidolin, responsabile della pastorale della Salute della diocesi di Treviso, non usa mezzi termini. «Quando un oggetto della devozione, come il rosario scrive viene strappato dalla mano della fede degli umili per farne strumento di propaganda, rimane solo un'indignata amarezza». «La prima arma contro il male è l'ironia ha scritto sulla propria pagina Facebook don Giovanni Kirschner, parroco di Sant'Angelo e Santa Maria sul Sile perché il male non ha forza in sé, ma solo quella che gli diamo noi, con la nostra paura e la nostra sudditanza. Prenderlo in giro vuol dire non riconoscergli dignità, serietà, potere. Non averne paura». Parole di un sacerdote da sempre in prima linea sul fronte dell'accoglienza. E oggi nella sua canonica di Sant'Angelo ospita Antonio Calò, il professore che ha lasciato la sua abitazione di Camalò a sei profughi provenienti da Nigeria e Gambia. 
Molti altri sacerdoti sono sulla stessa linea. «Il rosario non è uno strumento per fare politica, ma di preghiera dice don Mauro Gazzelli, parroco di Cessalto se lo prendiamo lo facciamo per pregare, non per altro». «Lunedì pomeriggio in basilica a Motta con i bambini di prima comunione abbiamo avuto un momento di preghiera. Alla fine abbiamo loro regalato il rosario missionario una corona con cinque diversi colori per le cinque decine che simboleggiano i cinque continenti. È adottato dalla chiesa per pregare per la pace tra i popoli. Il rosario serve per pregare, non per altro».
Anche don Lorenzo Tasca, parroco di Signoressa e Musano, non le manda a dire. «Il Cristianesimo di cui parla la Lega recita un messaggio, da lui fatto proprio, dell'Editrice missionaria italiana è funzionale all'islamofobia: niente a che vedere con la fede in Gesù Cristo». Quanto al rosario: «Questo non è professare la fede. È usare alcuni simboli della fede, alcuni oggetti, per i propri comodi e scopi politici. La fede è un'altra cosa». 
Mentre don Davide Schiavon, direttore della Caritas, ha fatto sentire la sua voce in merito all'accoglienza dei migranti. «Abbiamo scelto di non partecipare al bando per l'accoglienza. Si è scomodato persino il ministro dell'Interno che ha sentenziato che la mangiatoia è finita e che è bene che cambiamo mestiere - dice non intendo fare polemica, ma per noi i migranti sono e saranno sempre persone e mai numeri. Desidero che possa essere capito anche da chi esercita funzioni di potere e di governo».
IL CARROCCIO TREVIGIANO La Lega trevigiana, però, tira dritto e fa quadrato attorno a Salvini. Anzi, Fulvio Pettenà, storico presidente del consiglio provinciale, ci mette il carico. «Il rosario è segno della nostra appartenenza, della nostra cultura e del nostro modo di essere scandisce il resto sono strumentalizzazioni. Dal Papa in giù sono state prese posizioni politiche che non competono loro. Gli alti prelati dovrebbero chiedersi come mai le chiese sono vuote. I giovani non vanno più a messa. E anche gli anziani sono stanchi di sentire comizi dal pulpito. Una volta i preti erano persone equilibrate. Adesso sono signorini con la Lacoste. Bisognerebbe mandarli in missione. Magari così riscoprirebbero la vecchia fede».
 
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