Mattarella alla quarta crisi di governo. Cosa farà ora il presidente della Repubblica?

Semplice crisi extraparlamentare? Ritorno alle urne? Ecco tutti gli scenari

Giovedì 14 Luglio 2022 di Alessandro Strabioli
Mattarella, è la sua quarta crisi di governo. Cosa farà ora il presidente della Repubblica?
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Era il 5 dicembre 2016 quando, all'indomani del referendum costituzionale bocciato col 59% dei no, Sergio Mattarella ricevette il presidente del Consiglio Matteo Renzi pronto a dimettersi. Sì aprì dunque una crisi di governo, la prima con Mattarella al Quirinale, che si risolse con il conferimento dell'incarico di formare un nuovo esecutivo al ministro degli esteri Paolo Gentiloni. Tre anni, appena tre anni, ed ecco che nell'agosto del 2019 Matteo Salvini, tra bagni di folla, bagni veri e propri, musica trash e mojto, da Milano Marittima decide di staccare la spina al primo governo Conte, nato dall'allenaza tra la Lega e il M5S. È così che, al termine di un lungo e animato confronto in Senato, dovuto ad una mozione di sfiducia presentata ed in seguito ritirata dal Carroccio, il presidente del Consiglio Conte si presenta da Mattarella e consegna le dimissioni. 

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Giuramenti e tornaconti

Nasce il governo giallo-rosso, o Conte bis, anche con il benestare di Renzi che, dopo le perprelssità iniziali, battezza l'accordo tra grillini Pd e Leu. Conte scioglie la riserva e comunica la lista dei ministri.

A settembre del 2019 il governo Conte II giura al Palazzo del Quirinale. Il mondo è sconvolto dalla pandemia. La crisi è globale, storica, inimmaginabile. E, contestualmente, l'esecutivo comincia a scricchiolare. A seguito di alcune settimane di tensioni all'interno della maggioranza, si riaffaccia Renzi che ritira la propria delegazione di ministri aprendo, di fatto, la crisi. Conte si presenta alle Camere per verificare la tenuta del governo, ottenendo la maggioranza assoluta alla Camera e quella relativa in Senato, insufficiente per l'approvazione dei provvedimenti in alcune commissioni. È il 26 gennaio 2021 quando il premier si reca al Quirinale per rassegnare le proprie dimissioni.

Corsi e ricorsi storici

Mattarella, dopo una rielezione voluta dalla maggior parte dei partiti, si trova ad affrontare la sua quarta crisi di governo. I 5 stelle, infatti, come annunciato da Conte, non voteranno la fiducia al decreto aiuti. Non sono bastate le promesse di un nuovo patto sociale e di nuove misure contro i bassi salari a convincere i grillini, e il partito, così, si divide su una decisione sofferta che potrebbe essere prodromica ad altri «strappi» interni. Senza un appoggio chiaro, avrebbe ribadito il premier direttamente a Conte nel corso di una telefonata, l'esperienza del governo è da considerarsi finita. Il Pd e la Lega lo mettono a verbale, qualsiasi strappo segnerebbe la fine dell'esperienza a Palazzo Chigi. E si andrebbe - avvertono Salvini e Letta - dritti verso nuove elezioni. Con il partito di via Bellerio che rimarca: «senza il voto dei pentastellati la maggioranza non c'è più». E Giorgia Meloni che aggiunge: «Basta, pietà. Tutti a casa: elezioni subito!».

 

Cosa farà ora?

Secondo diverse fonti, Mattarella avrebbe perso il suo consueto aplomb. Va detto che sarà Draghi a decidere il da farsi. Il premier potrebbe certamente far finta di nulla e tirare dritto. I numeri ci sono. Oppure prendere atto, come aveva già più volte precisato lui stesso («il governo non va avanti senza il M5S») che una parte importante della sua maggioranza non c'è più. Il premier, stando a quanto ha fatto capire, salirà dunque al Quirinale. Ma per Mattarella, probabilmente, questo non sarà sufficiente a chiamare il Paese alle urne anticipate. Come spiegano dal Colle in queste ore, si tratterebbe infatti di una crisi extraparlamentare e dunque rimessa alla volontà del presidente del Consiglio. Il leitmotiv è sempre lo stesso: sarà Draghi a decidere. Alla fine del Conte 2 Mattarella vedeva tutta la difficoltà del premier a raccattare qualche voto di “responsabili” per andare avanti, eppure non impedì all’allora premier di provarci. E intervenne solo quando Conte decise di gettare la spugna. Mai come in queste ore torna d’attualità la celebre frase di Kierkegaard: «La nave è ormai in preda al cuoco di bordo e ciò che trasmette al microfono del comandante non è più la rotta, ma ciò che mangeremo domani».

Ultimo aggiornamento: 16 Luglio, 10:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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