Quirinale, pressing dei partiti su Draghi: «Deve restare al governo»

I leader hanno paura di non riuscire a controllare o gruppi parlamentari

Domenica 28 Novembre 2021 di Marco Conti
Quirinale, pressing dei partiti su Draghi: «Deve restare al governo»

Ultima la variante Omicron, con tanto di certezza che una ripresa della pandemia impedirà a Mario Draghi di traslocare al Quirinale.

A seguire la tenuta della maggioranza, il rischio di interrompere la legislatura, il futuro dei progetti del Pnrr, il timore di perdere peso nella trattativa a Bruxelles sulla revisione delle regole del deficit, la paura di dover fare a meno di una riserva della Repubblica che potrebbe tornare utile nel 2023, e persino la preoccupazione sul destino dei referendum sulla giustizia e sulla cannabis che si dovrebbero tenere a primavera e che salterebbero in caso di elezioni anticipate.

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LA PREMESSA
Mentre i partiti affastellano sacchi di sabbia davanti al portone di Palazzo Chigi per impedire l’uscita del più importante inquilino, il diretto interessato continua a sfuggire alla domanda delle domande: pensa di voler succedere a Mattarella? Lo fa dal giorno del suo insediamento al governo. Lo ha fatto nell’ultima conferenza stampa e si prepara a ripeterlo anche in quella di fine anno, facendo magari una premessa iniziale del tipo “decide il Parlamento”, che però rischia di risultare meno anodina dei precedenti silenzi.
Non essersi ancora sfilato dal toto-Colle nasconde, per molti, l’intenzione del trasloco, frenata dal dubbio che i leader dei partiti - anche quelli che sperano di mandarlo al Quirinale per andare al voto - non riescano a gestire i gruppi parlamentari. D’altra parte qualunque sia il candidato, il Parlamento vuole rassicurazioni. La promessa “che la legislatura dovrà andare a compimento” dovranno farla tutti gli aspiranti. Ma poi i voti, nel segreto dell’urna, dipendono dalla credibilità del singolo e da quanto è “apparecchiato” e concreto il destino del governo che, dopo il voto sul Quirinale, potrebbe complicarsi comunque. 

Il Pd di Enrico Letta teme per la legislatura e vorrebbe che Draghi restasse sino al 2023 sperando ancora di convincere al bis Sergio Mattarella. Ieri alla festa del Foglio di Firenze, sull’argomento l’ottimismo c’era solo nella scritta sul palco. «Sarebbe incredibilmente contraddittorio - ha sostenuto Letta - se la maggioranza che elegge il presidente della Repubblica fosse più piccola di quella che sostiene il governo Draghi». Già, perchè una maggioranza diversa per il Colle significa anche che i dem si troverebbero a che fare con una maggioranza di governo diversa dall’attuale. Se è vero, come sostiene Matteo Renzi, che «nemmeno Godzilla riuscirà a far terminare in anticipo la legislatura», il post-elezione di Draghi al Quirinale rischia di trasformarsi in un incubo per Letta, Conte e Salvini alle prese con gruppi parlamentari che non vogliono andare a casa e che potrebbero costringerli a trovare una qualsiasi intesa in grado di scongiurare il voto.

«Come sempre Matteo Renzi farà sognare il Paese». La profezia di Elena Bonetti, ministra alle Pari Opportunità in quota Iv, aumenta le angosce dei dem che stanno facendo di tutto per evitare che a metà gennaio Renzi si accomodi sulla sedia del regista. L’ex presidente del Consiglio sembra invece divertirsi. Sfoggia i rapporti con il centrodestra convinto che stavolta non si potrà fare a meno dei voti di Berlusconi e Salvini. Il solo fatto di essere il candidato del centrodestra consente al Cavaliere di gestire da protagonista la partita. Anche ieri ha chiesto a Draghi di restare «in carica per tutto il tempo necessario, fino al 2023, fin quando saremo usciti dall’emergenza». Un invito simile a quello di Giuseppe Conte, di Carlo Calenda, di buona parte del Pd e persino di Confindustria. Ma con una sostanziale differenza: per il M5S e i dem è il modo per archiviare Draghi nel 2023. Per tutta l’area centrista, da Berlusconi a Calenda passando per gli industriali, è invece il modo per alzare la posta, preparare il terreno ad un Draghi-bis ma pronti - Cavaliere in testa - anche ad acconciarsi al suo volere insieme a Salvini e a quel Nord che vuole vadano a dama i progetti del Pnrr.
«Credo sia sbagliato utilizzare il Quirinale per ottenere elezioni anticipate». Mara Carfagna, ministra di FI, avverte il pericolo di veder bruciare la candidatura di Draghi con il voto segreto e di compromettere così anche la sua permanenza a Palazzo Chigi. Timore che si coglie anche nelle affermazioni di Luigi Di Maio, ministro degli Esteri M5S convertito al draghismo: «L’Italia non può permettersi di perdere Mario Draghi». «Occhio ai franchi tiratori», avverte il ministro, che però è convinto, come l’ex premier Mario Monti, che alla fine «solo Draghi può decidere sul suo futuro». Appunto, il Parlamento seguirà.

Ultimo aggiornamento: 30 Novembre, 10:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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