M5S verso la scissione da Grillo: Di Battista e le nuove strategie del partito alternativo

Venerdì 19 Febbraio 2021 di Mario Ajello
M5S verso la scissione da Grillo: Di Battista e le nuove strategie del partito alternativo

«Ora non scindiamoci tra di noi, non dividiamoci in mille rivoli, chi a destra, chi a sinistra e chi nel gruppo misto». Questo dicono, nel doppio day after della frattura al Senato e alla Camera dei 5 stelle, molti nuovi ex del movimento di Grillo ormai considerato un traditore, un tecnocrate come quello che i Grillini hanno combattuto, in «ripetente si Draghi». Il fatto però è che gli scissionisti M5S, con l’ex ministra Lezzi in qualità di pasionaria e la cui star è Nicola Morra, presidente della commissione antimafia, ma tra le due Camere sono una quarantina, si stanno scindendo tra di loro.

Scissionisti modello A e modello B

 

Gli scissionisti modello A sono quelli che dicono: non ci facciamo espellere e contro le espulsioni ordinate da Crimi e decise da Grillo facciamo ricorso in tribunale, e insomma ci appelliamo ai giudici perché lo statuto non prevede un trattamento così.

In politica come al solito tutto finisce in tribunale.

Gli scissionisti modello B, in polemica con quelli della prima frazione che vogliono restare nel movimento e scalarlo e prendersi una fetta di potere nel direttorio a 5 che nascerà a breve, hanno una linea diversa che è questa: finalmente da soli, e senza Di Maio e gli altri che pensano solo al potere e ai posti da ministri, facciamo i nostri gruppi autonomi in Parlamento così il potere lo abbiamo pure noi. Questa tendenza si sta facendo strada. Avere un gruppo di almeno dieci ex grillini al Senato e di almeno 20 di loro alla Camere, cifre raggiungibilissime, significa partecipare alla lottizzazione e alla spartizione di poltrone: poter pretendere la guida del Copasir, per esempio, o la guida della commissione di Vigilanza Rai, o un posto nel Cda della televisione pubblica, o perfino qualche vicepresidenza della Camera o del Senato. Tanta roba, come si dice oggi con una espressione inflazionata.

M5S, l'emorragia fa slittare la partita dei sottosegretari. Così andranno riviste le quote

Grillo rompe con Casaleggio: «Torno in pista e decido io». Un posto al vertice per Conte

Di Battista

Dietro queste manovre, non quelle del modulo A della resistenza a oltranza nel movimento ma quelle più potenti e devastanti del modulo B, che significa un partito vero e proprio e pronto a presentarsi alle prossime elezioni, agisce da regista e da punto di riferimento il Dibba. Che è fuori dal Parlamento, non vede l’ora di rientrarci e l’operazione in alto è questa. Gruppi in Parlamento, e riattivazione di tutto quel mondo territoriale del grillismo delle origini, fatto di meet up e di comitati sull’acqua pubblica e sui diritti sociali che hanno rappresentato la spinta alternativa dei 5 stelle storici e la cui leadership naturale adesso, ma anche prima, e in Dibba.

Questa vendetta anti-governista e anti-Beppe dei grillini fondamentalisti e combatti ha già il suo strumento di reclutamento e di organizzazione che è la piattaforma Rousseau. Casaleggio, scaricato brutalmente e non da adesso dai 5 stelle governativi, è della partita. Grillo, il padre ripudiato ma «il traditore è lui e non noi che diciamo le stesse cose di sempre», è il nemico da sconfiggere. Insieme a Di Maio.

Roberto Fico, che culturalmente sarebbe dalla parte degli scissionisti e degli scissionisti degli scissionisti, come al solito si trova in mezzo alla contesa e sta con i governativi però, agendo come trait d’union tra M5S e Pd per fare il blocco giallorosso da presentare alle prossime elezioni. E il ruolo di Conte? Il partito Dibba, che detesta il Pd ormai di più di quanto lo faccia la Lega che con i dem ci governa, vorrebbe Conte dalla propria parte ma l’ex avvocato del popolo ha altre ambizioni. Ossia far il candidato premier, nel 2022 o al più tardi alla scadenza naturale della legislatura nel 2023, alla guida dei progressisti uniti nella grande alleanza Zingaretti-Di Maio-Fico-Leu. E quando Rocco Casalino, non amato dalla falange Dibba e ormai in rotta con Casaleggio junior, dice che vuole continuare a fare politica e punta a «entrare in Parlamento», pensa di farlo nello schema contiano dell’alleanza M5S-Pd.

Ma occhio alla Raggi. In questa partita c’entra assai. Ha ottimi rapporti personali e politici con Dibba, anche se si è schierata a favore del governo Draghi e questo è un problema. Ma occorre seguire bene le sue vicende perché Virginia ha appena chiesto al movimento di uscire dalle ipocrisie sulla sua candidatura e di farla votare da tutti su Rousseau dopo di che sarà la candidata al Campidoglio inattaccabile e non dovrà esserci tentazione grillesca di virare sulla candidatura Gualtieri in condominio con il Pd.

Se M5S - e Grillo parrebbe dalla sua parte - le concede questa operazione, no problem. Se invece le verrà negata, e i vertici stellati continuano a cercare l’accordo con Zingaretti per un rossogiallo al Comune di Roma, allora la Raggi che mai e poi mai intende rinunciare alla sua corsa nella Capitale diventerà punta di diamante del grillismo alla Dibba e del nuovo partito alternativo e combat che vuole sostituirsi ai 5 stelle riprendendone le parole d’ordine originarie e cercando di abbattere gli ex colleghi convertiti alla tecnocrazia e al governismo a tutti i costi.

Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 00:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci