La Russa eletto al Senato senza i voti di Forza Italia. E Berlusconi valuta se andare da solo al Colle

All’ex ministro 116 preferenze nonostante FI non abbia votato

Venerdì 14 Ottobre 2022 di Francesco Malfetano
La Russa eletto al Senato senza i voti di Forza Italia. E Berlusconi valuta se andare da solo al Colle
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Alla fine, a riguardare gli ultimi minuti del film della prima seduta del nuovo Senato, sembrerebbe essere andato tutto secondo i piani. Da ieri infatti la seconda carica dello Stato è Ignazio La Russa. Il braccio destro di Giorgia Meloni è stato eletto a maggioranza da 116 senatori, sui 104 necessari.

Tutto nella norma stando alle intenzioni di voto dei giorni precedenti. Se solo nelle urne non fossero finite in aggiunta 66 schede bianche, 2 voti per Liliana Segre (che da senatrice più anziana ha guidato la seduta, ricevendo un mazzo di rose bianche dal suo “successore”) e 2 per Roberto Calderoli, candidato leghista alla presidenza che ha fatto un passo indietro in nome dell’alleanza di centrodestra (e di un ministero). In altri termini, i conti non tornano. Almeno 16 voti sono arrivati dall’opposizione.

All’ultimo minuto infatti quasi tutti gli eletti di Forza Italia, indispettiti da come FdI sta conducendo le trattative per la formazione del governo ponendo ripetuti veti sulla presenza di Licia Ronzulli, hanno deciso di non rispondere alla chiama. A fare eccezione, rispondendo però al secondo appello, solo la presidente uscente Elisabetta Casellati e Silvio Berlusconi. Il Cavaliere, spiegano fonti autorevoli, ha deciso di votare per il suo ex ministro e almeno inizialmente avrebbe anche chiesto ai suoi di fare lo stesso (pur difendendone la scelta: «Siamo in democrazia» dice). «Noi avremmo votato La Russa alla chiama successiva» aggiungono gli azzurri parlando apertamente della volontà di mettere pressione a FdI, «ma non siamo arrivati al nuovo voto e non ce lo aspettavamo». 

La candidatura del colonnello meloniano infatti, nel segreto dell’urna, è stata sostenuta anche dall’opposizione, come ha rimarcato lo stesso La Russa nel suo discorso: «Ringrazio chi mi ha votato pur non facendo parte della maggioranza di centrodestra». Un’elezione “a sorpresa” che, secondo diversi osservatori e secondo lo stesso Berlusconi, porterebbe la firma non solo di qualche amico di lungo corso di La Russa quanto di Matteo Renzi e di una manciata di ambiziosi senatori dem o M5S che in cambio del favore ora chiederanno un ruolo nelle Commissioni. Impossibile stabilirlo con certezza, anche se ricorrendo alla moviola e contando i secondi di permanenza dietro le tende del catafalco la lista dei sospettati pare ormai piuttosto ristretta. 
Ciò che invece è certo è che, spiegano fonti interne a FdI, il comportamento dei forzisti non è stato digerito né da Meloni né dai suoi senatori. «Il rischio - fanno sapere - è che tale disagio potrebbe incidere mercoledì prossimo sulle scelte delle nomine che ci saranno per l’ufficio di presidenza». 

 

IL TERREMOTO

Un impatto tutto sommato relativo, specie se paragonato al terremoto che le mosse di ieri hanno scatenato nelle trattative per la formazione del nuovo esecutivo. La dimostrazione di forza di Fratelli d’Italia da un lato ha ridimensionato l’influenza di Ronzulli nella partita e dall’altro quella di Berlusconi nell’alleanza. La fedelissima (ex?) del Cav è infatti accusata di aver orchestrato l’agguato di ieri, come sembrano peraltro rivelare alcune dichiarazioni dello stesso La Russa raccolte dal Foglio: «Quello che è successo è che Miccichè e la Ronzulli gli danno addosso, a Berlusconi, e lui purtroppo si fa portare. Ormai sulla Ronzulli, la Meloni non cede. A costo di non fare il governo, non torna indietro». 

Eppure il Cavaliere pare che fino all’ultimo abbia provato a tenere in piedi il dialogo a modo suo. Non tanto con il “vaffa..” a favor di telecamere destinato proprio al futuro presidente del Senato (alla «situazione» spiegheranno più tardi i suoi) poco prima che iniziasse il voto, quanto soprattutto provando a rielaborare e limare le proposte azzurre. E cioè, come mostrano i fermi immagine su alcuni appunti, chiedendo (prima della chiama) cinque o sei ministeri. Per Ronzulli gli Affari europei, il Turismo o i Rapporti con il Parlamento, gli Esteri per Antonio Tajani, l’Università per Anna Maria Bernini, Casellati alla Giustizia, Ambiente per Alessandro Cattaneo e Pubblica amministrazione per Maurizio Gasparri. Uno schema di gioco - presentato anche a Meloni, incontrata ieri mattina - però prima rigettato e poi naufragato con l’elezione di La Russa attraverso queste modalità. E non a caso, lasciando palazzo Madama, Berlusconi ha sottolineato ai cronisti come il suo braccio di ferro per portare Ronzulli nella squadra di governo sia ora finito. La fedelissima è destinata quindi solo ad essere la capogruppo di FI a palazzo Madama. «Ma questo non va bene - ha aggiunto - perché è sbagliato mettere i veti». Cioè, a leggere tra le righe, il Cavaliere promette vendetta, preparandosi a chiedere ministeri di peso come Giustizia e Sviluppo economico. Lo quindi scontro resta dietro l’angolo.

 

LA CAMERA

Non oggi però. Con ogni probabilità oggi sarà il giorno della pax nel centrodestra. Alle 10.30, per l’elezione del presidente della Camera, non ci saranno nuove spaccature tra FdI, Lega ed FI. Anche per non rovinare i rapporti con Matteo Salvini, Forza Italia voterà compatta il vicesegretario leghista Lorenzo Fontana, il fedelissimo del Capitano che ha ormai superato la concorrenza interna di Nicola Molteni e soprattutto di Riccardo Molinari. «Non è un problema di nomi Noi non personalizziamo e non mettiamo veti. Noi...» sottolinea però amaro l’azzurro Cattaneo.

Al netto delle reciproche rivendicazioni e dei nuovi equilibri, per ora la nascita del nuovo esecutivo non pare a rischio. Eppure, per quanto per Mulè di Forza Italia «è prematuro parlare di appoggio esterno», all’interno del partito cresce la fronda di chi vorrebbe presentarsi in solitaria da Sergio Mattarella per le consultazioni. Per alcuni degli esponenti della prima linea azzurra infatti, ora è ancora più necessario inviare segnali a Meloni. Divisioni però smentite dai leghisti. 

Dal canto suo Giorgia, consapevole di aver incassato ulteriori legittimazioni, continua a lavorare al suo primo governo. E frena sull’ipotesi di una salita divisi al Colle (dove ieri è stato ricevuto la Russa). «Ne parleremo nei prossimi giorni» ha detto a sera lasciando gli uffici alla Camera. Esattamente lo stesso momento in cui la premier in pectore annuncia anche di aver praticamente chiuso la partita per la casella del Tesoro: «Giancarlo Giorgetti sarebbe un ottimo ministro dell’Economia».

Ultimo aggiornamento: 15 Ottobre, 10:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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