Ius soli, duello sulla fiducia. Renzi: su Roma ho sbagliato

Venerdì 15 Settembre 2017 di Nino Bertoloni Meli
Ius soli, duello sulla fiducia. Renzi: su Roma ho sbagliato
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Sullo ius soli non è ancora finita. Governo e maggioranza hanno per il momento rinviato («al Senato non ci sono i numeri», ha informato il capogruppo Pd Luigi Zanda), ma la partita non è chiusa. Tutt'altro. Si parla di un rinvio a scadenza, nel senso che verrebbe approvata la manovra di bilancio in autunno e poi, prima della fine dell'anno, si tenterebbe di far passare la legge che riconosce la cittadinanza ai giovani stranieri nati in Italia, che frequentano la scuole italiane, che insomma vivono come comuni cittadini italiani.

L'AREA
A puntare i piedi sono stati e continuano a essere i centristi di Ap, la formazione di Angelino Alfano, da sempre nettamente contraria allo ius soli e che tale rimane, «se il governo mette la fiducia, noi non la votiamo», ha promesso Maurizio Lupi. Un altro centrista, Maurizio Sacconi, ha proposto più realisticamente di rinviare il tutto alla prossima legislatura, della serie il tempo porta consiglio. Ma è nel Pd l'epicentro del sisma. «Il rinvio è una grave manifestazione di paura», aveva aperto le polemiche Graziano Delrio, ministro non proprio di competenza in materia, espressione dell'area cattolica democratica. Lo ha ripreso sulla voce, e bacchettato, Matteo Orfini, il presidente del Pd, secondo il quale «piuttosto che sollevare problemi e chiedere di accelerare, bene farebbe il governo a lavorare concretamente per ottenere la fiducia sul provvedimento». Per cercare di mettere ordine, e per tenere un minimo la barra, è intervenuto Paolo Gentiloni, per ribadire che per il governo l'impegno rimane. «Ribadisco l'impegno di qualche settimana fa, di approvare la legge entro l'autunno, siamo ancora in estate», ha detto il premier a Corfù dove ha incontrato Tsipras. In serata anche Matteo Renzi, intervistato dal direttore del Messaggero Virman Cusenza alla festa dell'Unità di Roma, ha cercato di gettare acqua sul fuoco sostenendo che «Minniti e Delrio sullo ius soli la pensano allo stesso modo» e che il problema «sono i numeri in Parlamento». Il governo porrà la fiducia? «Decide il presidente del Consiglio se metterla o meno, ma non facciamo polemiche su Gentiloni che sosteniamo», ha continuato il premier invitando i ministri, parlamentari e esponenti del Pd a «non polemizzare tra noi». Renzi ha poi parlato anche di Roma: «Penso di avere sbagliato il rapporto con Roma, non sulla questione amministrativa» delle dimissioni di Marino «ma sul non comprendere fino in fondo che un progetto di ripartenza dell'Italia non può fare a meno di un progetto specifico per la capitale. Non c'entra niente con Marino, Raggi o Alemanno». Il leader del Pd, ancora in fase zen almeno fino alle elezioni, è ritornato a parlare delle Olimpiadi: «Oggi Parigi ride, Roma piange. La scelta di non fare rimarrà un errore storico».

Sulla cittadinanza resta il fatto che il possibile voto di fiducia fa duellare favorevoli e contrari, come se posta la questione di fiducia, d'incanto il provvedimento avrebbe disco verde. E invece non è così. Anche se, come dicono e promettono, quelli di SI (Fratoianni e Vendola) sarebbero disposti a votare una «fiducia di scopo», la legge non avrebbe ugualmente i numeri, visto che non ci sono voti di sinistra al Senato in grado di rimpiazzare quelli del centro. «Basta con questa pantomima, la fiducia si trova», l'aut aut che somiglia a un boomerang lanciato da Loredana De Petris, capogruppo di SI. C'è poi il dissenso inedito di chi, come Luigi Manconi, in nome dello ius soli, annuncia che la fiducia da parte sua «non è più scontata», contribuendo così ad allargare l'area dell'incertezza.
Nel governo non si strappano i capelli, né si vuol ricorrere all'arma fiducia, magari andando incontro a uno scivolone che avrebbe ripercussioni immediate sulla fine della legislatura.

 

Ultimo aggiornamento: 16 Settembre, 15:22

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