Identità digitale, è scontro nel governo sullo Spid gratuito

Martedì 11 Febbraio 2020 di Francesco Bisozzi
Identità digitale, è scontro nel governo sullo Spid gratuito

Si, no, forse. È scontro nel governo sulla riforma per rendere gratuito lo Spid eleggendo il Viminale a unico fornitore dell’identità digitale. Ieri a tarda sera è andato in scena a Palazzo Chigi l’ultimo tavolo tecnico per cercare di trovare la quadra. La rivoluzione, cavallo di battaglia della ministra per l’Innovazione, Paola Pisano, non va giù a Italia Viva e a una parte del Partito democratico. Com’è noto, alla riforma dell’ identità digitale e del sistema Spid tiene molto Davide Casaleggio, che non perde occasione di discuterne nel corso dei suoi interventi pubblici, e da alcuni è stata persino definita come un tentativo di grillinizzare la cittadinanza elettronica. Dal ministero per l’Innovazione assicurano però che sulla necessità di cambiare lo Spid sono tutti d’accordo. Ancora manca tuttavia un accordo sugli aspetti tecnici. 

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L’OBIETTIVO
L’obiettivo finale è quello di far convergere la carta d’identità elettronica e lo Spid in un’unica identità digitale. Ma il rischio è quello di creare un pasticcio per i cittadini proprio nel momento in cui è sempre più cruciale una svolta nella digitalizzazione del Paese. La statalizzazione dello Spid, nello schema proposto dai Cinquestelle, prevede che sia il ministero dell’Interno a gestire il Sistema pubblico di Identità digitale nato nel 2016 e con cui oggi i cittadini possono accedere ai siti istituzionali della Pubblica amministrazione e ai portali di pagamento come per esempio Pago Pa, mentre Italia Viva spinge affinché lo Spid gratis venga affidato a Palazzo Chigi.

C’è poi la questione degli attuali nove fornitori d’identità digitale, da Poste Italiane a Aruba, che per via della riforma verrebbero tagliati fuori dalla partita alla data di scadenza delle convenzioni stipulate con Agid, l’Agenzia per l’Italia digitale: si studia un modo per tenerli in gioco comunque. I pentastellati comunque non hanno ancora rinunciato alla possibilità d’inserire la riforma nel Milleproroghe. Va detto però che sono disposti anche ad attendere l’arrivo in stazione di un nuovo veicolo legislativo per realizzare quello che gli scettici hanno descritto come un grande Rousseau di Stato.

Lo Spid è stato creato quattro anni fa e sono poco più di 5 milioni i cittadini che hanno aderito al sistema, non molti dunque. Al contrario della Carta d’identità elettronica, che viene rilasciata dai Comuni, lo Spid oggi viene fornito dai cosiddetti identity provider che offrono modalità di erogazione sia gratuite che a pagamento. Lo scopo della riforma che adesso divide il governo non è però solo quello di far risparmiare i cittadini. Si punta anche ad accelerare il passaggio all’identità digitale introducendo da un lato elementi di semplificazione in grado di snellire le procedure e dotando dall’altro di nuove funzionalità la carta d’identità elettronica.

Al contrario, se il governo non spunterà un accordo i due sistemi, lo Spid e la Cie, dovranno coesistere ancora. Il braccio di ferro sul Sistema pubblico d’identità digitale agita le acque della politica da giorni. L’emendamento del governo al Milleproroghe per rendere gratuito lo Spid e cambiare la governance dell’identità digitale, addirittura numerato (il 42.24) e portato nelle commissioni Bilancio e Affari costituzionali della Camera, all’improvviso è misteriosamente sparito. Poi però il Movimento 5 Stelle ha presentato un subemendamento tale e quale all’emendamento precedentemente finito nel triangolo delle Bermuda del Milleproroghe, in cui si ribadiva ancora una volta che il Viminale al momento è l’unico soggetto in grado di garantire la sicurezza della piattaforma e l’identificazione certa dei cittadini. Il ministero dell’Interno, sempre stando allo schema che hanno in mente i pentastellati, erogherebbe le identità digitali in tandem con l’Istituto Poligrafico Zecca dello Stato, in qualità di partner tecnologico.

Ma, come detto, se la riforma per il momento è da considerarsi in bilico, non è soltanto perché a molti non convince il ruolo che verrebbe affidato al Viminale.

Si cerca anche un modo per non mettere completamente fuorigioco gli attuali fornitori dell’identità digitale una volta scadute le convenzioni con Agid. Nel 2021 giungono al capolinea quelle con InfoCert, Poste italiane, Telecom Italia Trust Technologies e Sielte, ma in mesi diversi, nel 2022 spirano quelle con Aruba, Intesa, Namirial e Register, mentre a ottobre del 2023 arriverà il turno di Lepida.

Ultimo aggiornamento: 2 Marzo, 07:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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