Giorgia Meloni: «Salvini ? A Palazzo Chigi andrà chi di noi prenderà più voti»

Mercoledì 23 Settembre 2020 di Mario Ajello
Giorgia Meloni: «Salvini ? A Palazzo Chigi andrà chi di noi prenderà più voti»

Onorevole Meloni, lei dice di sciogliere le Camere e di andare al voto. Ma il senso di queste regionali non è stato l’opposto?
«Oggi la mappa dell’Italia ci racconta che il centrodestra governa in 15 regioni su 20. È di tutta evidenza che la volontà degli italiani, manifestatasi in tutte le regionali che si sono susseguite e persino alle Europee del 2019, non trova minimamente riscontro nell’attuale maggioranza parlamentare. E noi da tempo sosteniamo, rifacendoci ad eminenti costituzionalisti, che quando lo scollamento è così netto il Capo dello Stato può sciogliere le Camere. Naturalmente rimane una sua prerogativa che noi rispettiamo, ma il quadro è molto chiaro e far finta di nulla non fa il bene dell’Italia».

Voi crescete dappertutto a scapito della Lega. Ma Salvini continua a definirsi «il prossimo premier del Centrodestra». Esagera?
«Noi abbiamo una regola non scritta ma riconosciuta da tutti: il leader del partito che prenderà più voti nella coalizione di centrodestra sarà il nostro premier. Tutti gli altri discorsi lasciano il tempo che trovano. Dopodiché naturalmente noi siamo particolarmente fieri della crescita di Fratelli d’Italia che continua e si consolida con un secondo presidente di Regione (Acquaroli nelle Marche dopo Marsilio in Abruzzo) e dati in crescita in tutte le regioni».

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Non vede il rischio di diventare il partito solo di una parte d’Italia, cioè il Mezzogiorno, mentre la Lega occupa il Nord?
«Non vedo assolutamente il rischio che dice lei. Siamo orgogliosi dei nostri dati al Sud: in Puglia la somma di Fdi e della lista Fitto supera il 20 per cento, in Campania in un quadro difficilissimo per il centrodestra siamo il primo partito della coalizione. Ma cresciamo anche a Nord: rispetto alle ultime regionali in Liguria triplichiamo, in Veneto quadruplichiamo, in Toscana siamo al 13,5 per cento. Ci sono province nelle Marche in cui superiamo il 20 per cento. Parliamo a tutti, da nord a sud, e questo è uno dei segreti della nostra crescita».

Lei aveva detto: dopo le regionali cominceremo a mettere la testa su Roma. A che punto è la ricerca del candidato? E il programma?
«Sono passate poche ore.

Nelle prossime ore cominceremo a ragionarne, abbiamo tempo e vogliamo utilizzarlo per scegliere il profilo migliore e costruire il programma anche ascoltando i romani. Serve un sindaco all’altezza della Capitale».

Alla Lega la Regione e a voi il Campidoglio?
«FdI non ha mai ragionato con la logica delle bandierine. Roma è stata devastata da questi anni di gestione Raggi e merita un sindaco capace. Idem la Regione Lazio sotto Zingaretti. Cercheremo le figure migliori senza badare alle tessere di partito ma certamente FdI farà valere il peso dei suoi consensi e le capacità della sua classe dirigente».

Lo sa che se Conte gestisce bene il Recovery Fund lo fanno Papa?
«Io da patriota non solo mi auguro ma ritengo doveroso che queste risorse vengano gestite al meglio. E siccome non mi fido di Conte e della capacità di questo governo che ha già dilapidato decine di miliardi negli ultimi mesi, pretendo che le opposizioni siano coinvolte e che lo stesso accada con le categorie produttive e con le Regioni. Parliamo di investimenti con un orizzonte temporale che andrà ben oltre la sopravvivenza di questo governo, mi auguro non pensino di decidere col Cencelli di questa maggioranza traballante».

Quanto la impensierisce la vittoria del Pd?
«Di quale vittoria stiamo parlando? Domenica e lunedì una sola regione ha cambiato colore passando, dopo decenni di dominio incontrastato della sinistra, al centrodestra guidato da un candidato di Fratelli d’Italia. Il M5S alleato del Pd è praticamente scomparso dai radar. Nell’unica regione in cui si sono alleati Pd e M5S, la Liguria, hanno preso una scoppola memorabile. In Puglia e Campania hanno vinto due governatori che hanno passato gli ultimi mesi a insultare i vertici nazionali del Pd. Se questa è una vittoria... Dopodiché da italiana sono preoccupata perché leggo che il Pd vorrebbe passare all’incasso imponendo il Mes, lo ius soli e lo smantellamento dei decreti sicurezza. Faremo la nostra battaglia in Parlamento per impedirglielo».

Zaia la prima cosa che ha detto è rilanciamo l’autonomia. Non crede che sia un pericolo per l’unità d’Italia? E come si dovrà salvaguardare Roma?
«Noi abbiamo ottenuto dagli alleati del centrodestra un impegno formale a sostenere l’autonomia insieme alla riforma presidenziale, a garanzia dell’unità nazionale e del rispetto del voto popolare. A ciò si deve accompagnare quello che già avevamo previsto nella riforma costituzionale del 2005, cioè uno statuto speciale per Roma Capitale, come già è nelle principali nazioni europee per le rispettive capitali. Andiamo avanti su questa strada».

Mi scusi, ma perché lei insiste tanto sul no al proporzionale? Magari potrebbe convenire anche a voi...«Sarebbe un ritorno alle paludi della Prima Repubblica, un modo per ingannare i cittadini che prima voterebbero partiti che si fanno la guerra e poi se li ritroverebbero a governare insieme contravvenendo agli impegni presi in campagna elettorale».

Ma questo accade pure adesso. 
«E noi appunto crediamo che gli italiani, dopo troppi anni di governi costruiti nel palazzo, meritino una legge elettorale che la sera delle elezioni consegni loro un governo. Sostenuto da coalizioni omogenee e unito da un programma comune. I guasti di governicchi contronatura, realizzati nei laboratori delle segreterie di partito lontano dal volere dei cittadini, li vediamo tutti i giorni. Per questo ci opporremo in ogni modo a questo vergognoso ritorno al passato». 

 
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Ultimo aggiornamento: 13:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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