Che succede se l’Europa boccia la manovra?

Domenica 7 Ottobre 2018 di Giusy Franzese
Che succede se l’Europa boccia la manovra?

Il governo italiano continua a fare la voce dura con Bruxelles: i numeri della manovra non cambiano, «indietro non si torna». Ma al di là delle parole e dei proclami, è evidente che uno scontro aperto porta con sè rischi enormi. Dietro l’angolo non ci sono solo le sanzioni di una procedura di infrazione, ma l’impennata dello spread e la fuga dai nostri titoli di Stato con ripercussioni da brivido sulla vita di tutti i cittadini.

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Che cosa vuol dire che l’Italia devia dai parametri Ue?
Nella lettera della Commissione Ue all’Italia si mette in guardia dal rischio di «una deviazione significativa dal percorso di bilancio».

Bruxelles si riferisce agli impegni presi con il Fiscal Compact dai precedenti governi relativi soprattutto ai piani di rientro da deficit e debito. Il governo Conte con il Nadef ha ammesso che non rispetterà quegli impegni: in particolare il rapporto deficit/Pil chiuderà a 1,8% quest’anno (contro 1,6% del Def di aprile scorso del governo Gentiloni), salirà al 2,4% nel 2019 (contro 0,8%) per poi scendere al 2,1% nel 2020 (contro il pareggio di bilancio). Solo nel 2021 tornerà all’attuale 1,8%. Per il debito resta il trend discendente ma attenuato: 130,9% quest’anno (contro 130,8%), 130% nel 2019 (contro 128%), 128,1% nel 2020 (contro 124,7% ) e 126,7% nel 2021.


Perché non basta più restare sotto al limite del 3%?
Il tetto del rapporto deficit/Pil al 3% fu fissato con i Trattati di Maastricht. Che stabilivano anche un tetto al rapporto debito/Pil al 60% (mai rispettato dall’Italia). Dopo la grave crisi del 2008, le regole di governance economica dell’Unione europea sono state rafforzate. Una delle novità più importanti è il Fiscal Compact del 2012 che impone di azzerare gradualmente il deficit e di ridurre di un ventesimo l’anno il debito per i Paesi che superano il 60%. I Paesi che violano queste regole sono soggetti a procedure di infrazioni. In realtà è consentita anche una certa dose di “flessibilità” , e negli anni passati è bastato dimostrare che il trend di deficit e debito era comunque in discesa per evitare sanzioni.

Come funziona la procedura per deficit eccessivo?
La procedura per i disavanzi eccessivi (PDE) è regolata dall’articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Una volta ricevuti i documenti relativi alla manovra di bilancio, la Commissione europea ha tre possibilità: accettare tutto così com’è; chiedere eventuali modifiche; contestare formalmente entro due settimane il testo chiedendone una nuova formulazione. In questo caso il governo dovrà presentare un nuovo documento e poi entro il 30 novembre, l’organo comunitario darà un primo responso: nel caso di bocciatura avvierà anche i primi passi per la procedura di infrazione per deficit eccessivo, che sarà poi formalizzata a febbraio 2019.

È capitato altre volte che non abbiamo rispettato i vincoli?
Si. L’Italia, come tanti altri paesi Ue, è già stata sottoposta a procedura per disavanzo eccessivo. È accaduto nel 2005 e poi ancora nel 2009 quando il rapporto disavanzo/Pil era al 5,3%. In entrambi i casi, dopo aver messo in atto un piano di azioni correttive concordate con Bruxelles, la procedura è stata poi chiusa (per ultimo nel 2013) con l’abrogazione, senza quindi l’applicazione di sanzioni pecuniarie. I conti pubblici italiani erano comunque ritornati nel mirino della Commissione Ue già con i governi Renzi e Gentiloni, tanto che prima delle elezioni di marzo scorso Bruxelles aveva avvertito l’Italia che discostarsi dal percorso di risanamento avrebbe potuto comportare una nuova apertura di procedura di infrazione.

Che sanzioni potrebbero arrivarci?

Al Paese che non rispetta i vincoli dei trattati e che non vuole adeguarsi alle raccomandazioni e ai piani correttivi chiesti da Bruxelles in seguito alla procedura di infrazione per deficit o debito eccessivo, può essere comminata una multa compresa tra lo 0,2 e lo 0,5% del Pil, che sarebbe versata in un deposito vincolato. Nel caso dell’Italia si tratterebbe di una cifra che varia dai 3,5 miliardi di euro fino a 9 miliardi. Il Consiglio Ue può anche chiedere alla Banca europea per gli investimenti di interrompere i finanziamenti. La sanzione può essere in teoria annullata se per gli anni successivi, attraverso dei negoziati, il governo si impegna in un piano di rientro dal disavanzo e dal debito in eccesso. Ovviamente questo percorso presuppone un atteggiamento non di scontro con le istituzioni europee.

Come potrebbero reagire spread e mercati?
Il nostro debito pubblico è pari a oltre 2.300 miliardi di euro, una cifra “monstre” su cui paghiamo circa 65 miliardi di interessi. L’emissione di debito serve all’Italia per pagare le spese della macchina statale, a partire dagli stipendi dei dipendenti pubblici. Una bocciatura della manovra metterebbe in enorme allarme i mercati: più aumenta il rischio, più sale lo spread tra i Btp e i Bund. Un’impennata dello spread intorno ai 400 punti base aumenterebbe il costo degli interessi sui titoli di Stato così tanto da assorbire gran parte delle risorse liberate con lo sforamento del deficit. Se le agenzie di rating poi ci dovessero declassare a titoli “spazzatura” neanche la Bce potrà più acquistare i nostri titoli. E il baratro sarà ad un passo.

 

Ultimo aggiornamento: 8 Ottobre, 08:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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