Meloni, vittoria mutilata, ma fa suo il derby con Salvini

Martedì 22 Settembre 2020 di Mario Ajello
Meloni, vittoria mutilata, ma fa suo il derby con Salvini

Poteva andare meglio. La vittoria sarebbe potuta essere piena, e non mutilata dalla Puglia. Dove Michele Emiliano ha fatto il miracolo e il melonista o meloniano Fitto da favorito non ce l’ha fatta. Eppure, se c’era una roccaforte rossa da espugnare, quella l’ha conquistata Giorgia Meloni - le Marche - e non Salvini che è franato in Toscana bissando l’insuccesso che ebbe in Emilia Romagna.

Naturalmente, però, a Fratelli d’Italia non è il derby con la Lega, cioè la battaglia tra alleati imprescindibili e che tali resteranno (sì, ma poi a Palazzo Chigi ci andrà Giorgia o Matteo? Di certo non Berlusconi o un berlusconiano), quello che interessa davvero. Ma crescere di volta in volta. E stavolta, FdI è cresciuto come partito - si pensi che alle Regionali del 2015 aveva il 4 per cento e ora è al 16,1 - e ha aggiunto all’Abruzzo, dove governa con Marco Marsilio, una nuova regione: le Marche che saranno guidate da Acquaroli (8 punti in più del dem Mangialardi). E l’entusiasmo della Meloni è incontenibile. 


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<h2>Sul palco</h2>

Si è precipitata ad Ancona a fare festa e esulta: «Trionfo Marche! Grazie a Francesco Acquaroli e a Fratelli d’Italia un’altra roccaforte della sinistra sarà amministrata dal centrodestra». Dopo 50 anni, quel muro è franato. Mentre l’exploit di Emiliano rovina la festa che il partito di Giorgia aveva pregustato, nonostante circolassero certi scetticismi sulla scelta del candidato Fitto: «E’ una minestra riscaldata», così si sentiva dire. E comunque Fitto, candidato competente e capace, come ha ammesso ieri sera anche Emiliano, si è battuto bene. 
Ora questa avanzata di FdI nelle Marche, e nei voti di lista ovunque anche se è ancora Salvini a battersela con il Pd per chi è primo partito a livello nazionale, rende ancora più stretto ma anche problematico il rapporto interno al centrodestra: coabitazione e concorrenza, questo è lo stato dell’arte. Fa parte della fisiologia delle coalizioni la competition is competition. Anche se circola qualche veleno. Salvini ha detto più volte ai suoi che non si è sentito abbastanza difeso - dal «massacro giudiziario di cui sono vittima» - da parte degli alleati del centrodestra. Mentre in Puglia c’è chi dice, dalle parti di Fitto, che «Salvini non ci aiutato. Temeva una vittoria di Giorgia e non ha dato tutto nella lotta contro Emiliano. E’ arrivato al punto di non nominare mai le parole Raffaele Fitto». Veleni, appunto. Mentre i dati dicono questo: Meloni avanza ovunque, primo partito dell’alleanza in Puglia (FdI al 13,3 e Carroccio al 7,9) e in Campania. «Siamo l’unico partito che cresce, da Nord a Sud», esulta la Meloni. 

La quale intanto punta molto sulle conseguenze del voto referendario. E come conseguenza della vittoria del Sì, chiede lo scioglimento delle Camere: «Questo è un Parlamento delegittimato dagli italiani nella sua composizione e anche nella sua numerosità. Per questo diventa necessario ridare al più presto la voce agli italiani». Una richiesta che però rischia di rimanere isolata. Semmai, il confronto vero sarà sulla legge elettorale e sul modo con cui rapportarsi con un governo alle prese con la gestione del Recovery fund, tra la tentazione di collaborare e quella di fare le barricate in Parlamento.
 
<h3>Uniti sul Campidoglio</h3>

Ma intanto Giorgia è ad Ancona sul palco insieme ad Acquaroli. E si gode la festa così: «Le roccaforti rosse si possono conquistare. E ora Fratelli d’Italia offrirà alla Marche una stagione di sviluppo diverso». Volendo usare la terminologia calcistica, il derby Matteo-Giorgia è finito zero a uno. Con uno zero a due (Puglia a FdI), la leadership del centrodestra sarebbe cominciata a cambiare da subito a favore di Giorgia. Invece, così, la partita è ancora aperta. La scommessa della Meloni è quella di aprire la sua destra e farla diventare più larga, coinvolgendo pezzi di società che cercano un moderatismo affidabile e propulsivo. Affidato a mani esperte - ma FdI soffre ancora di un deficit di classe dirigente - e non dipendente da colpi di testa come quello del Papeete. 
E così, il riequilibrio nel centrodestra non ha avuto un’accelerazione drastica nel voto di ieri. Meloni e Salvini procedono insieme, e sono chiamati a una delle scelte più delicate della stagione politica che si apre adesso: quella della scelta del candidato sindaco di Roma.

 

 


 
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Ultimo aggiornamento: 07:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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