Elezioni politiche 2022, Bonaccini: «Meglio parlare ai giovani fuori dai social. Dialogo con M5S? L'alleanza è un'altra»

Il presidente Dem dell'Emilia Romagna: "Chi pensa già al congresso ha rinunciato a lottare"

Lunedì 5 Settembre 2022 di Francesco Malfetano
Elezioni politiche 2022, Bonaccini: «Meglio parlare ai giovani fuori dai social. Dialogo con M5S? L'alleanza è un'altra»

Presidente Stefano Bonaccini, i sondaggi danno il centrodestra in forte vantaggio. Come si tiene il centrosinistra in partita?
«L'unico sondaggio che conta è il 25 settembre.

Convinciamo le persone distinguendoci sui contenuti. Insieme a Enrico Letta stiamo cercando di farlo ogni giorno».


Cioè?
«Facciamo tre esempi che toccano la vita delle persone. Noi vogliamo il tetto massimo Ue al prezzo del gas e sostegni immediati a famiglie, imprese e attività contro il caro bollette, a fronte di una destra che nega il cambiamento climatico ma poi evoca il nucleare; sanità e scuola pubbliche sono la nostra risposta ad una destra che vorrebbe invece tagliare e privatizzare i servizi pubblici; noi vogliamo ridurre le tasse sul lavoro per dare una mensilità in più in busta paga, mentre la destra vuole aiutare chi è più ricco con la flat tax».


Dove si gioca davvero questa campagna elettorale?
«In ogni collegio, casa per casa, lottando fino all'ultimo e parlando al Paese reale».


Spesso si invoca il modello Emilia-Romagna per i dem. Ma in cosa consiste?
«Non c'è alcun modello, ma un'esperienza di governo costruita giorno dopo giorno tra le persone. Penso al rapporto coi territori e coi sindaci, le imprese e i lavoratori; o alle innovazioni che abbiamo introdotto nella sanità territoriale piuttosto che nella formazione tecnica, che ora sono entrate nel Pnrr come riferimento per tutto il Paese. Penso anche ai servizi per l'infanzia che vogliamo assicurare a tutti i bambini e alle loro famiglie, così come il trasporto gratuito per chi va a scuola. Oppure l'arrivo del supercomputer di calcolo più potente a livello europeo. Queste cose le stiamo facendo col concorso di tutte le istituzioni e di tutte le rappresentanze economiche e sociali riunite nel Patto per il Lavoro e per il Clima. Il patto sociale che servirebbe anche all'Italia».


La campagna elettorale è sbarcata su TikTok. Lei che ne pensa? Fino a oggi lo ha evitato.
«I social sono utili. Sui miei profili io stesso spiego e approfondisco molti temi di cui parlo con le persone nelle piazze, nei luoghi di lavoro, nelle imprese, a volte interagisco con chi mi scrive. Invito anzi chi vuole a seguirmi. Ma credo anche che entrare in una piattaforma molto utilizzata da giovani e giovanissimi non voglia dire in automatico parlare a loro: preferisco incontrarli di persona, come faccio ogni giorno».


Continuano le polemiche, anche nel Pd, sui rigassificatori. Come si mette d'accordo tutti?
«Non solo sono d'accordo, ma ho addirittura proposto al Governo di realizzarne uno a Ravenna prima ancora che ci fosse il decreto e che fossi nominato Commissario. Perché il Paese ha bisogno di certezze, di autosufficienza negli approvvigionamenti, di rompere la morsa delle forniture, di spezzare il ricatto della Russia e la speculazione che gonfia le bollette. Mentre noi facciamo questo la destra flirta con Putin, sabota l'investimento a Piombino e, ripeto, evoca il nucleare. Siamo a questo paradosso: protestano contro un rigassificatore e non hanno il coraggio di dirci dove farebbero queste fantomatiche centrali nucleari. Noi non solo faremo il rigassificatore al servizio dell'Italia, ma realizzeremo anche il più grande parco eolico e fotovoltaico in mare perché presto l'Emilia-Romagna funzioni finalmente con le energie rinnovabili».


Con il Terzo polo riuscirete ad attrarre i voti moderati?
«La nostra è una piattaforma riformista che parla al mondo del lavoro e a chi il lavoro lo crea. Siamo, anche nei numeri, l'unica alternativa concreta alla destra. Il Terzo Polo non si candida al governo, ma punta a prendere qualche eletto in più a spese del Pd: legittimo, ma così si guarda al proprio interesse di partito e non a quello del Paese, spalancando le porte a quella destra che, a parole, si dice di voler contrastare. Non discuto delle buone intenzioni, ma degli effetti pratici».


Tra cannabis, Ius scholae, patrimoniale e ddl Zan il programma non è troppo a sinistra?
«Non c'è nessuna proposta di patrimoniale. E la battaglia per i diritti è sacrosanta, a fronte di una destra che vuole negare alle persone il diritto di scegliere chi amare, come vivere e come morire. Nel resto d'Europa i Paesi più avanzati funzionano così, mentre Meloni e Salvini auspicano una involuzione all'ungherese. Vorrebbero riportare indietro le lancette della storia, soprattutto a discapito delle donne. E Salvini per i giovani ripropone la leva obbligatoria».


Quante chance di vincere ha il Pd?
«Ce la possiamo giocare ovunque. L'Italia merita un governo europeista, non filo-Orban».


C'è chi sostiene che il 25 sarà un giro di boa e parla già di Congresso.
«Chi parla del 26 è perché ha già rinunciato a lottare per il 25. Io sto dalla parte opposta».

Con il campo largo le cose sarebbero andate diversamente. Può rinascere un asse con il M5S?
«L'alleanza ora è questa, non penso al giorno dopo. Non sento Conte da tempo. Quando era premier e io presiedevo la Conferenza delle Regioni abbiamo lavorato bene insieme, nella fase più dura della pandemia. E in Emilia-Romagna, dove i 5Stelle sono all'opposizione, il confronto è comunque positivo. Ma la scelta di far cadere il governo Draghi nel momento più difficile e drammatico per il Paese è stato un errore e un danno per l'Italia. Non lo dico con rancore, ma il M5S ha anteposto la ricerca del consenso di parte all'interesse degli italiani».


Se si riparlasse di larghe intese? Governerebbe con Meloni?
«Il governo di larghe intese c'era per affrontare questa fase eccezionale con alla guida Mario Draghi, la figura più autorevole agli occhi del mondo. Quell'esperienza è finita perché la destra gli ha negato la fiducia, trasformando in rete l'assist del M5S».


Letta ha polarizzato lo scontro tra Pd e Meloni. Avrebbe scelto un'altra strategia?
«Con questa legge elettorale, chi vince nei collegi uninominali conquista anche la maggioranza in Parlamento. E in quei collegi vince chi prende un voto in più, quindi noi o la destra. Conte e Calenda fanno la propria legittima corsa ma in nessun caso ne vinceranno uno».

Ultimo aggiornamento: 07:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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