Elezioni politiche 2022, Dizionario elettorale: assist, runner, paracadute, la neo-lingua un po’ vintage

Tutte le parole di questa campagna, llo zero (virgola) è l’incubo dei partitini

Lunedì 15 Agosto 2022 di Mario Ajello
Elezioni politiche 2022, Dizionario elettorale: assist, runner, paracadute, la neo-lingua un po’ vintage

C’è una neo-lingua da campagna elettorale nelle elezioni politiche 2022. E’ dovuta nascere in fetta. S’è subito arricchita di parole diverse da quelle dal passato per evitare l’effetto vintage, anche se i leader chi più e chi meno risentono di certa tendenza alla ripetitività dei linguaggi di altre epoche. E da qui al 25 settembre, che è dietro l’angolo, questo vocabolario del politichese da Italia al voto non potrà che gonfiarsi ancora. Riservando sorprese o magari provocando rigetto per eccesso di bla bla.
 
ASSIST.

O meglio: uomo assist. E’ la reincarnazione di Renzi che da attaccante di sfondamento (lo chiamano Il Bomba dalle sue parti) ha deciso di diventare quello che fa i cross a Calenda e Carlo mette possibilmente la palla in rete. Ecco  dunque il video della vecchia partitella in cui, con la maglia numero 10 sulle spalle, Matteo di esterno destro offre una palla invitante al centravanti, che non sbaglia il tiro. Gioco di squadra. Ma occhio agli autogol. 

Video


BAD GODESBERG. Tutti a ripetere: bravo Letta, hai fatto la tua Bad Godesberg, ovvero la rottura con la tradizione “de sinistra”, per gettarsi nel mare aperto dell’iper-riformismo. Poi però arrivano Bonelli e Fratoianni nella Bad Godesberg del Pd e s’interrompe l’emozione. 
CREDO. C’era una volta il Credo laico di Berlusconi, e c’è di nuovo quasi 30 anni dopo. Ma ora si aggiunge anche quello di Salvini a corredo delle madonne e dei rosari da cui si sente protetto: «Non c’è futuro senza #credo. Credere è il motore di tutto». Parola di Matteo contro i miscredenti cioè gli anti-salviniani. 

DIECI. Quota 10. E’ la soglia ambita e temuta. «Andiamo oltre il 10 per cento», promettono Calenda e Renzi. «Siamo al 10 e arriveremo sopra al 20», promette Berlusconi. Mentre la Lega teme di avvicinarsi troppo al 10 e M5S che aveva il 32 se sprofonda al 10 avrà subito il leader di ricambio: Virginia Raggi e non più Giuseppe Conte. 


ELETTO. Cioè chi vince il biglietto della lotteria. Non lo consegnano gli elettori ma i leader: sei eletto se ti metto in cima alla lista, non sei eletto se ti piazzo in basso. Dunque, non c’è telefonata di supplica del dirigente di partito o del peones ai capi che non sia così: «Ma sarò eletto di sicuro, o mi vuoi fregare?». L’eletto - l’unico che non ha questo problema è Grillo perché lui è l’Elevato e non si abbassa a correre come gli altri - è anche frutto del «collegio sicuro»: ma specie a sinistra, ce ne sono ancora? 
FIAMMA. Giorgia la devi togliere, cara Meloni non puoi più tenerla. Questo è il tormentone. Lei, che ha la fiamma nel simbolo, in prospettiva la toglierà perché poco si sposa con il Partito dei conservatori che ha in mente. Intanto, la fiamma accende le polemiche che oscurano temi più interessanti. 
GIUDA. Ovvero bacio di Giuda. Ormai proverbiale quello stampato da Calenda sulla guancia, sospettosa e rigida, di Letta. Calenda e Renzi hanno invece deciso di evitare il bacio celebrativo del loro patto («Ci siamo parlati, non ci siamo baciati») ma se malauguratamente le cose nella strana coppia non dovessero andare bene, uno dei due accuserà l’altro di essere un traditore. Berlusconi e Salvini invece non fanno che abbracciarsi (anche in Sardegna l’altro giorno) ma chissà perché nelle scene di effusioni non c’è mai Giorgia. 


HOTSPOT. Leggasi pure come immigrati. Il tema è stanco ma Salvini lo tiene vivo. 
IRREALIZZABILI. «Basta con le promesse irrealizzabili». Non s’era mai sentito un leader che dice così ai suoi alleati. Lo ha fatto Meloni. Sdoganando sul mercato elettorale un aggettivo - «irrealizzabile» - che non è facile da vendere. 


LEALTÀ. Tutti la chiedono a tutti. Ma è «leale» da parte di Fratoianni e Bonelli scagliarsi contro l’Agenda Draghi che a Letta piace tanto? «Serve lealtà», ripete continuamente Meloni rivolta a Salvini e Berlusconi. Temendo che potrebbero non averne troppa, chiede loro - invano - di firmare il cosiddetto «patto anti-inciucio». 
MISOGINIA. E’ l’accusa delle donne - dalla Di Biase in Franceschini alla Piccolotti in Fratoianni - contro il pensiero maschilista, e «misogino», che non le considera come politiche in proprio ma come emissarie e protette dei mariti. Il protagonismo femminile, anche per il fatto che le donne nelle liste elettorali hanno grande spazio, viene mal vissuto nei partiti. 


NATO. L’Alleanza Atlantica non dovrebbe essere un dato acquisito già dai tempi di Enrico Berlinguer («Mi sento più protetto sotto l’ombrello della Nato»)? Macché: i rosso-verdi alleati del Pd tra un po’ si metteranno a cantare come negli anni ‘70: «Fuori l’Italia dalla Nato, fuori la Nato dall’Italia». 
ORBAN. «La destra vuole l’Italia modello Orban». E’ il refrain della sinistra e di Calenda-Renzi. Se il premier ungherese che si chiama Viktor è soprannominato Viktator, perché considerato dittatoriale, Giorgia Meloni negli incubi degli avversari è Viktatora. 


PARACADUTE. Ogni candidato vorrebbe essere calato dall’alto nel collegio più comodo e sicuro, magari in contrade lontanissime ma che assicurano i voti e la docilità degli elettori locali. Il paracadute ti salva, e che noia le grida che provengono dai territori e dai partiti locali: «Non vogliamo paracadutati». Invece, li stanno per avere. 
QUIRINALE. E’ la sede dell’arbitro. E andrebbe tenuta fuori dalla contesa elettorale. Ma con la scusa della riforma presidenzialista c’è chi - e sanno tutti chi - è entrato a gamba tesa sull’arbitro. Ma poi ha chiesto scusa. 


RUNNER. Un tempo si diceva candidato premier. Ora si dice front-runner. «Io sono il front-runner dei Democratici e Progressisti», parola di Letta. E altri sono in questa modalità. Andando avanti così, la campagna elettorale si chiamerà running, per la gioia - si fa per dire - degli italiani che vogliono parole chiare e non giri di parole. 
SONDAGGI. Dicono tutti che vincerà il centrodestra. Ma «vediamo come va la campagna elettorale» aggiungono i più, anche a destra, visto l’attuale numero di indecisi (oltre il 40 per cento). In effetti il running può riservare sorprese e inciampi. 


TERZO POLO. E’ la novità di questa edizione, considerando il listone Calenda-Rnzi che vuole rubare i voti alla destra e alla sinistra. Ma «il terzo polo siamo noi», giura Conte. E un terzo polo c’è dentro ognuno dei poli nel dissolversi del bipolarismo. Si considerano a sinistra terzo polo quelli di Più Europa, rispetto ai dem e ai rossoverdi. E come terzo polo, nell’altro dei due poli, si vivono i centristi del terzetto Toti-Lupi-Brugnaro. E a chi è venuto il mal di testa, in questo pluri-polarismo multi-polare, si consiglia di prendere una pillola. 
UNINOMINALI. Collegi non desiderati dai big di sinistra, perché convinti che li vincano gli avversari. Ma c’è - rieccolo - il paracadute del proporzionale. 
VOX. Ma anche video. Quello iper-destrorso di Meloni al congresso di Vox è stato una scivolata - «Non lo rifarei» - mentre i tre mini video di Giorgia in inglese, francese e spagnolo, per rassicurare il mondo sulla natura non fascista di FdI, sono stati ben visti. 


ZERO. Sono le emissioni zero del minibus elettrico su cui viaggia Letta lungo l’Italia. Ma è anche lo zero virgola a cui sono destinati tanti partitelli rumorosi e inquinanti.

Ultimo aggiornamento: 15:54 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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