Draghi, quello sfogo con Mattarella: così non si può andare avanti

l premier lascia Bruxelles e raggiunge al Colle un Presidente «preoccupato»

Giovedì 17 Febbraio 2022 di Alberto Gentili
Draghi, quello sfogo con Mattarella: così non si può andare avanti

«Se il governo voluto da Mattarella non riesce a fare le cose che servono al Paese e non può portare avanti i provvedimenti, io non ci sto. Vanno garantiti i voti in Parlamento, non sono qui a scaldare la sedia o per tirare a campare. Questo governo sta perdendo la sua ragion d’essere: è nato per fare, se non fa non c’è alcuna ragione che vada avanti. Fatemi sapere come pensate di rimediare». Alle sei di sera, Mario Draghi è descritto come «una furia» dai capi delegazione della maggioranza riuniti a palazzo Chigi per discutere del decreto contro il caro-bollette. Il premier oltre a lanciare l’ultimatum, chiede un chiarimento. Vuole sapere com’è stato possibile che per ben quattro volte, nella notte, il governo sia stato battuto in commissione sul decreto Milleproroghe.

Già prima della riunione con Stefano Patuanelli, Maria Stella Gelmini, Giancarlo Giorgetti, Andrea Orlando, Roberto Speranza, Elena Bonetti, il premier aveva fatto trapelare il suo allarme per la schizofrenia dei partiti.

Era talmente sconcertato dalla situazione che si è venuta a creare - soprattutto in una fase in cui la guerra tra Russia e Ucraina è alle porte dell’Europa - da lasciare anzitempo Bruxelles, disertando il vertice Ue-Africa e delegando il presidente francese Emmanuel Macron a leggere il suo discorso al summit. In più, appena sbarcato a Roma, Draghi si era precipitato da Sergio Mattarella - descritto preoccupato - per illustrare «il quadro molto complesso, con molte criticità» in cui si trova a lavorare il governo: «Se l’esecutivo deve essere pienamente operativo, non si può assistere a certe cose...». Non possono scattare gli agguati in Parlamento.

IL BIVIO DEL PREMIER

Dopo la quadrupla sconfitta subita in Commissione sul Milleproroghe per mano di Lega e Forza Italia, ma anche di 5Stelle e Pd, Draghi ha messo a fuoco con i suoi collaboratori che il governo si trova davanti a un bivio: andare avanti, ma solo a condizione che la maggioranza si ricompatti e la smetta di fare imboscate per puro tornaconto elettorale. Oppure dimettersi per evitare la paralisi e il logoramento. Concetti illustrati, come si diceva, ai capi delegazione della maggioranza assieme al sottosegretario Roberto Garofoli e al capo di gabinetto Antonio Funiciello. Quella di Draghi ai partiti, in una giornata da crisi strisciante, è una vera e propria lavata di capo. Una dura strigliata: «Occorre garantite i voti in Parlamento sui provvedimenti che sono stati decisi in Consiglio dei ministri, voglio vedere cosa accadrà sul disegno di legge per la concorrenza, la giustizia, gli appalti. Non sfugge a nessuno il fatto che provvedimenti approvati all’unanimità in Cdm, poi vengano smentiti con atteggiamenti che negano l’unanimità iniziale. Bisogna recuperare un rapporto politico per concludere e ottenere risultati, tutto va tradotto in azione. C’è la delega fiscale ferma in commissione, così non si può andare avanti. Questo governo non esiste per stare al potere, non faccio buon viso a cattivo gioco. Sto qui per fare cose e per idealismo. La questione è politica e se non si riprende un percorso fattivo orientato ad ottenere i risultati, questa questione politica diventa un problema». In conclusione: «Dovete garantirmi il sostegno, altrimenti non ci sto. Non sono qui per scaldare la sedia o tirare a campare. Fatemi sapere cosa volete fare».

LA RISPOSTA DEI PARTITI

A questo punto, dopo qualche secondo di gelo, Giorgetti ha suggerito a Draghi di incontrare Salvini: «Parla con lui, spiegatevi». Speranza e Patuanelli (che ha ammesso di non controllare i gruppi 5Stelle) hanno provato a spiegare: «Devi capire che siamo a fine legislatura...». Come dire: le turbolenze elettorali sono inevitabili. 
Qui il premier, raccontano, «si è arrabbiato parecchio»: «State tutti spiegando la situazione, ma non prendete precisi impegni. Invece voglio che ciò che è accaduto non accada più. Il governo sta perdendo la sua ragion d’essere: è nato per fare, se non fa non c’è alcun motivo che vada avanti». «Noi del Pd però sosteniamo con convinzione l’esecutivo», ha provato a replicare Orlando. La risposta del premier: «Questo lo dicono tutti».
Preso un po’ di coraggio, i capi delegazione hanno consigliato a Draghi di adottare «un metodo nuovo».

Di coinvolgere di più i capigruppo e il Parlamento, suggerendo di consultare i leader di partito sui «temi apicali». Ruvida la risposta del premier: «L’ho fatto per la legge di bilancio, ma gli attacchi e le imboscate sono arrivati comunque». Per dirla con una fonte vicina a Draghi, «se l’andazzo resterà questo, alle elezioni si va prima e la campagna elettorale i partiti se la fanno subito. Non possiamo restare a farci tirare schiaffi in faccia». In estrema sintesi: «Ciò che è accaduto non deve più ripetersi. Se si è sempre battuti e sconfessati in Parlamento, non c’è più la maggioranza e di riflesso non c’è più il governo». Da capire se la minaccia calmerà gli ardori di Salvini & C.

Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 08:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci