La zuffa interrompe il Cdm, lo sfogo di Di Maio: «Così non si va avanti»

Mercoledì 21 Novembre 2018 di Alberto Gentili ed Emilio Pucci
La zuffa interrompe il Cdm, lo sfogo di Di Maio: «Così non si va avanti»

ROMA L'eco del clamoroso tonfo è arrivata in un baleno a palazzo Chigi. Giuseppe Conte stava dando inizio alla riunione del Consiglio dei ministri, Luigi Di Maio e Matteo Salvini provavano a fare la pace, e proprio in quegli istanti a Montecitorio il governo è finito sotto. Battuto, a scrutinio segreto, sulla legge bandiera dei 5Stelle: la spazzacorrotti. Un colpo durissimo per i grillini. Un harakiri per la maggioranza già traballante: la giustizia è, fin dall'inizio, la miccia che rischia di far deflagrare l'ormai gracile alleanza.

Di Maio, appresa al telefono la notizia, non ci ha visto più. Dopo giornate di zuffe con Salvini, dalla Tav agli inceneritori, è saltato sulla sedia. «Dobbiamo parlare», ha intimato al leader leghista. E una volta fuori dalla stanza del governo è sbottato: «Ma come?! Noi facciamo una legge in nome dell'onestà e passa un emendamento che cancella di fatto il peculato?! Questo è un favore ai delinquenti. E' inaccettabile. Va corretto, così non si va avanti». Salvini ha annuito. Consapevole che il governo rischiava l'osso del collo, è corso a metterci una pezza: «Io mantengo i patti. Quel voto è assolutamente sbagliato, a questo punto offro la mia disponibilità ad accelerare l'approvazione della legge anti-corrotti». Poi da Palazzo Chigi è scattato il tam tam: «A minuti dichiarazioni alla stampa». Ma è uscito solo Salvini. Di Maio era «troppo arrabbiato» e soprattutto ha voluto che fosse il leghista a «metterci la faccia» sull'imboscata e il tentativo di riparazione.

I veleni e i rancori tra gli alleati hanno cominciato a lievitare. I leghisti hanno accusato i deputati vicini a Roberto Fico di aver voluto creare il clima adatto al sabotaggio del decreto-sicurezza che porta il nome di Salvini. E i 5Stelle hanno gridato urbi et orbi il sospetto che dietro all'emendamento, «votato da molti leghisti», ci sia la manina perfino di Salvini. Perché quella norma tirerebbe fuori dai guai il capogruppo lumbard Riccardo Molinari (poi accorso a palazzo Chigi) e il sottosegretario Edoardo Rixi. E perché da tempo anche Salvini cerca di mettere un argine al giustizialismo dei 5Stelle. E' accaduto per la prescrizione a inizio mese. Si è ripetuto giovedì scorso quando, d'improvviso, il leader lumbard ha accettato di cancellare il condono fiscale pur di evitare che venisse introdotto il carcere per gli evasori. La spiegazione: «I 5Stelle hanno un concetto eccessivamente estensivo delle manette...».
Il problema è che questo nuovo strappo cade il giorno dopo il durissimo scontro sugli inceneritori e nella giornata in cui 18 dissidenti grillini progettavano di azzoppare il decreto-sicurezza. Quello che porta il nome di Salvini. Tant'è, che il vicepremier in mattinata aveva lanciato un penultimatum: «Se il decreto non passa entro il 3 dicembre salta tutto». Poi, quando Di Maio era corso a fare professione di «lealtà», Salvini aveva frenato. Anche perché nel frattempo il leader leghista aveva ottenuto il sì a mettere la fiducia sul decreto.
Il tonfo del governo a scrutinio segreto, sommato alle tribolazioni sulle norme anti-migranti, per Salvini è la prova che Di Maio «fatica a controllare il partito». Non per incapacità, «ma perché in quel Movimento», dicono nell'entourage del vicepremier, «ci sono troppe anime e troppe linee divergenti. E poi c'è Fico che non gli dà tregua...».

Osservazioni e timori che, a sentire Silvio Berlusconi, Salvini avrebbe confidato anche con lui. «Mi ha detto che vuole andare avanti con Di Maio, ma anche che a causa del pressing di Fico tutto potrebbe saltare. Noi, dunque, dobbiamo tenerci pronti», ha rivelato speranzoso il Cavaliere.

LA SIRENA-BERLUSCONI
Lo schema di gioco che ha in testa il patron di Forza Italia è antico. E' la riedizione dell'operazione che portò alla caduta di Romano Prodi: far mancare al governo giallo-verde i numeri in Senato. «Lo smottamento è già iniziato con i vari De Falco, Nugnes e gli altri dissenti», dicono a palazzo Grazioli. E il Cavaliere, raccontano, avrebbe confidato qualche giorno fa perfino a Sergio Mattarella la speranza di riuscire a tirare su un governo di centrodestra. «Lega e 5Stelle non possono durare», è il ragionamento di Berlusconi, «ciò però non vuol dire precipitare verso le elezioni. I numeri per un nuovo esecutivo si troverebbero facilmente in Parlamento».
Salvini però resiste. Perché teme la nascita di un governo tecnico, o addirittura la saldatura di un «patto della disperazione» tra 5Stelle e Pd. E perché è convinto che andare al voto in primavera possa rivelarsi un boomerang: «Due elezioni in due mesi, visto che a fine maggio ci sono le europee, sarebbero troppe», dicono nel suo entourage, «e poi i sondaggi continuano a premiare la Lega, cosa che non sarebbe scontata se Matteo tornasse a braccetto del Cavaliere».
Dopo ciò che è accaduto ieri sera, anche Salvini però si chiede quanto potrà durare. Anche perché la battaglia sui mercati finanziari si sta trasformando in una Caporetto.

 
Ultimo aggiornamento: 08:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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