«Statali, ricambio per 150 mila». La ministra Dadone: bandi più veloci

Martedì 31 Dicembre 2019 di Andrea Bassi
«Statali, ricambio per 150 mila».La ministra Dadone: bandi più veloci
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Ministro della funzione pubblica Fabiana Dadone, nella manovra appena approvata le risorse per il rinnovo del contratto degli statali sono state portate a 3,4 miliardi. Per i sindacati sono ancora insufficienti. Come avete intenzione di procedere?
«Abbiamo avviato una interlocuzione importante con i sindacati. A gennaio partirà il tavolo con l’obiettivo di sottoscrivere un memorandum utile al rinnovo dei contratti del pubblico impiego».

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Cosa conterrà questo memorandum?
«Toccheremo i temi della formazione e della valorizzazione del personale, fino alla riclassificazione professionale peraltro già oggetto di confronto nella commissione paritetica all’Aran. Sarebbe utile inoltre rivedere il sistema di valutazione delle performance e rimediare a talune disparità presenti ancora tra i lavoratori pubblici e quelli privati».

C’è la possibilità che nel memorandum il governo si impegni a nuovi stanziamenti, magari in vista del Def di aprile?
«Dipende da quanto tempo sarà necessario per la definizione del memorandum stesso e soprattutto dalle disponibilità che con il ministero dell’Economia saremo capaci di individuare. Non dimentichiamoci che abbiamo dovuto disinnescare le clausole di salvaguardia e al contempo tutelare i cittadini, le famiglie e le imprese con uno sforzo estremo».

Secondo le vostre stime, i 3,4 miliardi garantirebbero aumenti del 3,5%, ossia 95 euro lordi. Ma se lo stanziamento dovesse coprire anche altre voci come l’elemento perequativo, ossia i 20 euro per i redditi più bassi, allora dicono i sindacati gli aumenti sarebbero più bassi degli 85 euro dell’ultimo rinnovo. C’è un aumento minimo che volete garantire agli statali?
«Guardi, come si arrivò all’individuazione di quegli 85 euro è noto a tutti, le contingenze a volte la fanno da padrone, proprio come in questo momento. L’elemento perequativo intanto, come prevede la norma, è previsto fino alla sottoscrizione del nuovo contratto. Quindi questa somma è fatta salva nelle more del rinnovo e sarà poi assorbita nelle risorse già messe a disposizione. Lo sforzo dell’esecutivo è stato già considerevole». 

Quindi c’è poco spazio per altre risorse?
«Il mio impegno, come del resto quello del governo tutto, è di individuare, se ci saranno le condizioni, le risorse ulteriori o gli interventi normativi che permettano di incrementare l’aumento del contratto».

Interventi come la defiscalizzazione degli aumenti chiesta dai sindacati?
«Vedremo con il ministero dell’Economia».

L’ultimo rinnovo copriva il periodo 2016-2018. Il nuovo contratto riguarda il triennio 2019-2021. Lei ritiene che riuscirete a firmarlo entro il 2020?
«Questo è il mio auspicio e quello dei sindacati. È per questo che abbiamo proposto la sottoscrizione di un memorandum. Ogni sforzo è utile per raggiungere il traguardo del rinnovo contrattuale entro questo anno».

A proposito di disparità con il privato. Oggi i dipendenti pubblici ricevono ancora la buonuscita fino a 7 anni dopo il pensionamento. Il precedente governo ha introdotto il meccanismo dell’anticipo mediante un prestito bancario. A che punto sono il decreto attuativo e la convenzione con l’Abi?
«Lo schema di decreto è al parere del Consiglio di Stato e stiamo provvedendo nel frattempo a concludere l’iter per la convenzione con Abi. Gli attori coinvolti sono diversi, ma contiamo di chiudere entro gennaio».

La Corte Costituzionale, tuttavia, pur riconoscendo legittimo il ritardo del pagamento del Tfs-Tfr in caso di prepensionamento, ha invitato il governo a modificare le norme per il pagamento della buonuscita in caso di pensionamento ordinario eliminando l’attesa. Agirete in tal senso?
«Intanto pensiamo a dare attuazione alla norma di cui appena detto, che era rimasta troppo a lungo lettera morta prima del nostro arrivo. Poi il governo, nella sua collegialità, potrà avviare ulteriori ragionamenti per migliorare le condizioni dei lavoratori e pensionandi pubblici».

Le differenze tra privato e pubblico restano molte, non solo su contratti e Tfr. I dipendenti privati, per esempio, in caso di paternità hanno diritto a 7 giorni di congedo. Nel pubblico solo uno. Perché?
«Abbiamo già provato ad allargare il numero di giorni. C’era un problema di coperture finanziarie. Tenteremo più avanti di trovare la quadratura del cerchio su una norma che è di civiltà, oltre che di buonsenso». 

Nei giorni scorsi il suo ministero ha dettato le linee guida per la valutazione dei dipendenti pubblici. Come nasce l’idea di indicare per ogni amministrazione un dipendente del mese?
«Preciso che è solo una delle possibili best practice che le linee guida suggeriscono alle amministrazioni. L’opzione nasce dall’idea che la soddisfazione professionale e l’attaccamento all’amministrazione per cui si lavora non scaturiscano solo da un riconoscimento di mero carattere economico». 

Lei ha deciso di tornare indietro sulle impronte per i furbetti del cartellino decise dal suo predecessore. Le false attestazioni di presenza non sono più una emergenza?
«Non lo sono mai state, se vogliamo usare il significato giusto della parola “emergenza”. Io tengo sempre presente un esempio di imprenditoria privata molto valido, diciamo pure tra i più validi in Italia, che è quello dei Ferrero. Non so esattamente se lì fanno così, ma conoscendo il modello di organizzazione, credo che se scoprono un dipendente che fa il furbo, oltre agli interventi disciplinari, si chiedano perché sia successo. Questo né il mio predecessore né altri lo hanno fatto. Invece un datore di lavoro deve chiedersi il perché. Allora l’emergenza vera è quella di uno Stato che non ha mai messo i propri dipendenti nelle condizioni di fare il proprio dovere con soddisfazione. Dopodiché è chiaro che chi sbaglia va punito senza alcuna clemenza, però valorizzare chi lavora bene significa anche prosciugare il brodo di coltura in cui attecchiscono gli abusi». 

Negli ultimi anni i dipendenti pubblici sono stati indicati come fannulloni o come furbetti. Qual è la sua visione della pubblica amministrazione?
«Per lungo tempo, in passato, abbiamo visto un approccio esclusivamente critico nei confronti dell’impiego pubblico. Molti dei governi passati hanno cavalcato il malcontento verso la qualità dei servizi erogati dalle amministrazioni, orientandolo contro le persone che vi lavorano. Per me questo è il momento giusto per virare e fare ciò che è giusto. Come già detto, sarebbe opportuno che il memorandum prevedesse anche impegni per una maggiore parità di trattamento tra dipendenti privati e pubblici».

Nel 2020 secondo le stime lasceranno la pubblica amministrazione 150 mila dipendenti che dovranno essere sostituiti. Come intendete agire? Che profili entreranno, in che modo e in che tempi?
«La cifra potrebbe essere quella.

Stiamo provvedendo a rivedere i bandi di concorso per permettere una profilazione più puntuale e soprattutto più rispondente alle esigenze delle amministrazioni, dei cittadini e delle imprese. Vogliamo assumere più ingegneri, architetti o informatici. Abbiamo già inserito una norma nel Milleproroghe per permettere a tutte le amministrazioni di usare dei bandi di concorso standard per accelerare le procedure. Il prossimo anno prevediamo concorsi per migliaia di posti. Voglio incentivare l’ingresso dei giovani, ma anche la valorizzazione di professionalità ed esperienze maturate fuori dalla Pa. Punto inoltre a definire meccanismi di incentivazione dell’incontro tra domanda e offerta soprattutto attraverso il canale universitario».

Ultimo aggiornamento: 14:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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