Marroni lascia Consip: «Sono un fedele servitore dello Stato»

Venerdì 23 Giugno 2017
Marroni (Ansa)
Luigi Marroni getta la spugna. Dopo le dimissioni del presidente Luigi Ferrara e del consigliere Marialaura Ferrigno, anche l'Ad di Consip lascia: «Con l'assemblea del 27 giugno si chiude un'esperienza bellissima per me. Sono un fedele servitore dello Stato e faccio il mio lavoro fino in fondo. È stato un onore lavorare per l'Italia». Che la sua avventura al vertice della centrale acquisti della pubblica amministrazione fosse finita, Marroni lo sapeva ormai da settimane, stretto tra l'inchiesta della procura di Roma in cui è il testimone chiave - ancor di più dopo l'iscrizione nel registro degli indagati di Ferrara per false informazioni ai pm - e la mozione al Senato di quello stesso Pd che l'aveva voluto in Consip con cui si chiede il rinnovo in tempi rapidi dei vertici dell'azienda.

E così, prima di lasciare, si è tolto qualche sassolino dalle scarpe. È stato scaricato per le accuse al ministro Lotti? «Non mi fate dire - ha risposto ai cronisti dopo aver incontrato il presidente dell'Anac Raffaele Cantone - Io ho tenuto una linea di dichiarazioni. Sono stato interrogato due volte dai magistrati e ho detto quello che dovevo». Ma ha parlato con Padoan? C'erano le condizioni politiche per andare avanti? «Chiedetelo all'azionista, non a me. Io sto concludendo il mio lavoro di servitore di questa istituzione e vorrei tenere questo atteggiamento fino in fondo». È dunque un addio «amaro» come lui stesso lo definisce, quello di Marroni. «Gli addii fanno parte del lavoro di chi gestisce grandi aziende complesse. Ci sono dei cicli e il mio ciclo è arrivato a conclusione». Spetterà all'inchiesta della procura di Roma capire se sulla fine del ciclo possano aver pesato, e in che modo, le accuse all'entourage più stretto dell'ex premier Matteo Renzi. Nell'audizione fiume dello scorso 9 giugno davanti ai pm romani, Marroni ha in sostanza confermato quel che mise a verbale nel dicembre 2016. Vale a dire che furono il ministro dello Sport Luca Lotti, il generale dei Carabinieri Emanuele Saltalamacchia, Filippo Vannoni, il presidente di Publiacqua, municipalizzata di Firenze, e lo stesso Ferrara (che a sua volta gli disse di averlo saputo dal comandante generale dell'Arma Tullio Del Sette) a rivelargli la presenza delle miscrospie del Noe nel suo ufficio, azzoppando di fatto l'indagine sui giochi di potere che si stavano celebrando attorno al mega apparto da 2,7 miliardi dell'Fm4, il facility management.

Accuse sempre respinte dai diretti interessati.
Ai magistrati Marroni ha anche spiegato di aver incontrato, su richiesta di Tiziano Renzi, l'imprenditore Carlo Russo, l'uomo che gli chiese con toni «minacciosi e ricattatori» di interferire sui lavori della commissione che doveva aggiudicare proprio l'appalto relativo all'Fm4. Nel luglio 2016, ha messo a verbale Marroni con i pm di Napoli, Lotti «mi disse di stare attento perché aveva appreso che c'era un'indagine sull'imprenditore Romeo di Napoli» e che «erano state espletate operazioni di intercettazioni telefoniche e anche ambientali». Quanto a Saltalamacchia, «mi ha detto in un'occasione che la procura di Napoli stava svolgendo un'indagine... dicendomi anche lui che c'erano operazioni di intercettazione in corso». Vannoni, invece, lo avvisò due volte: «una prima subito prima dell'estate del 2016 e una seconda una ventina di giorni fa (inizio dicembre 2016, ndr)» quando «mi ha detto e ribadito che avevo il telefono sotto controllo». Fu infine l'ex presidente Ferrara a dirgli «di aver appreso, in particolare dal comandante generale dei Carabinieri Tullio Del Sette, che c'erano indagini della Ag che riguardavano Alfredo Romeo, dicendogli di stare attento».
Ultimo aggiornamento: 24 Giugno, 12:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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