CERNOBBIO «Ma il selfie insieme Salvini e Meloni non se lo fanno?».
Matteo e Giorgia (che si copre gli occhi quando il leghista parla di sanzioni) assicurano «ci sentiamo 18 volte al giorno e non litighiamo mai» (lui) e «possiamo avere qualche differenza sui singoli temi ma la nostra visione è la stessa» (lei), stringono il Patto di Cernobbio («Matteo, non diamo troppo spettacolo»).
Potevano abbracciarsi o mangiare insieme e però lui è arrivato troppo presto, già di primo mattino, e lei troppo tardi come le dive: a ridosso della tavola rotonda dei leader all’ora di pranzo. E quello che i media aspettavano ghiottamente (il bacio tra i due o il vicendevole e plateale calcio sugli stinchi) non è proprio andato in scena. Anche se Carlo Calenda, qui il più acclamato e convinto di sé («La gente di Cernobbio che vota Meloni? Impossibile. Lo dicono e non lo fanno. Nell’urna Giorgia non li vede ma la propria coscienza li vede benissimo»), si diverte ad attizzare la rissa: «Lo sanno tutti che loro due si detestano e al governo insieme dureranno al massimo fino a Natale».
I “DRAGHIANI”
Enrico Letta circola nei saloni dicendo ai presenti «voi amate Draghi e fate bene, e io sono sempre stato il più draghiano di tutti», ma tutti sanno che non vince e questo è un problema. Ed è un po’ nervoso il leader dem, al punto di cavillare sul numero dei minuti degli speech dei suoi colleghi: «Salvini sta sforando», «Tajani sta parlando più di me, non è mica giusto...».
Nella sala a porte chiuse, e senza giornalisti ficcanaso, si svolge una piccola guerra. Calenda dice a Tajani che Forza Italia alle elezioni sparisce. Replica: «Ma zitto tu, che fai e rompi alleanze e cambi sempre partito». «E tu allora? Avete mandato a casa il governo Draghi!».
«Chi, noi? Macché: sono stati M5S e Pd». «Eh no - s’intromette Letta dando manforte a Calenda con cui è diviso su tutto ma non su questo - caro Antonio stai dicendo una fesseria». Poi Calenda e Tajani vanno a fare pipì insieme e fanno la pace (guai a chiamarla la Pace della Toilette).
A proposito di w.c, la Meloni arrivata per ultima e filata via per prima - per evitare che le chiedessero ancora una volta quanto non vada d’accordo con Salvini - dopo la tavola rotonda esce passando dalle cucine, va un attimo in bagno e parte da Cernobbio dicendo «sono molto stanca». E tutti vorrebbero chiederle: stanca di Salvini? Giorgia si sottrae al circo (la destra seria è il suo format), mentre Salvini per illustrare il suo discorso anti-sanzioni, oltre a citare più volte Scaroni («Abbiamo visto il derby insieme sabato sera») per dire che anche l’ex ad di Enel e Eni è d’accordo con lui e rivolgersi alla platea così «anche voi siete contrari alle misure anti-Russia ma non lo potete dire» e in questo forse ha ragione), inforca a sorpresa un paio di occhiali e fa partire le slide, provocando un sorrisetto in Giorgia: «Ah, che bella novità».
Ma soprattutto: «Qui a Cernobbio - dice il capo lumbard - ci sono almeno dieci possibili ministri. E in questa sala c’è uno che vedo già alla Farnesina. Gli ho scritto un messaggino così: Ciao, ministro...». E tutti a guardare tutti. C’è il diplomatico Massolo e qualcuno: «Sta parlando di te?». Lui: «Macché». I presenti propendono allora per un’altra ipotesi (magari sballata).
Si tratterebbe di Stefano Pontecorvo, ex ambasciatore alla Nato e quello che ha organizzato lo sgombero dall’Afghanistan (ci ha anche scritto un libro: «Ultimo volo da Kabul») il quale si limita ad ammettere: «Mando a Giorgia qualche appunto su WhatsApp riguardo alla situazione internazionale e lei mi risponde con estrema serietà: mi puoi spiegare meglio il secondo punto? Che cosa vuoi dire nella conclusione?». Cernobbio è fatta così. È un mondo in cui si è tutti amici. Ma più o meno. E i leader arrivati qui, per il primo e unico confronto diretto a 5 in vista del 25 settembre, tra il più e il meno hanno scelto quest’ultimo. E solo Brunetta, qui con la carezzevole moglie Titti, non fa il duro. «Ho idee confuse sul mio futuro», confessa il ministro uscente. E gli scende qualche lacrima sul viso.