Berlusconi malato, Fi nel panico: partito centrista per sfidare la Lega

Venerdì 10 Giugno 2016 di Emilio Pucci
Silvio Berlusconi
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E ora c'è la paura vera. L'angoscia non solo per la salute di Berlusconi, ma anche per il proprio futuro. Disorientamento diffuso. Forza Italia trema, teme la fine di una esperienza politica che va avanti dal '94, la distruzione, la diaspora interna. «Perché con lui fuori dal ring il nostro destino è segnato: restiamo schiacciati tra il Pd e il Movimento 5 stelle, con la Lega che ci mangia e magari poi stringe patti con i grillini e un'altra parte del partito che guarda ad un nuovo centro», è il campanello d'allarme tra gli azzurri. A meno che non ci sia la scossa. E si cominci a camminare con le proprie gambe.

IL MESSAGGIO
«Fate un tavolo, organizzatevi. Non è il momento di dividervi», si è raccomandato Ghedini che ha riferito il pensiero del Cavaliere. «La classe dirigente di questo partito deve dimostrare di essere diventata matura, serve unità», ammoniva ieri Toti al telefono con alcuni deputati. Ovvero l'imperativo è mettere da parte polemiche e posizioni di retroguardia e puntare insieme alla sopravvivenza costruendo un progetto vincente per l'avvenire. Il primo pensiero è alla guarigione del Cavaliere e al successo dei ballottaggi. Già due giorni fa Confalonieri e Letta erano usciti dal San Raffaele con la consapevolezza che un'epoca fosse finita. «Basta con la politica, per Berlusconi è il momento di dire stop». E' lo stesso ordine impartito dai figli e anche per questo le fedelissime dell'ex presidente del Consiglio hanno alzato ancor di più il muro.
 
SI VOLTA PAGINA
Denis Verdini, partito di primo mattino per Milano, è stato lasciato fuori. Aveva sentito qualche giorno fa Berlusconi con l'obiettivo di riannodare i fili. Ghedini gli ha sbarrato il passo davanti al reparto dov'è ricoverato il leader: «Possono entrare solo i familiari, tu capisci...». E anche le telefonate da Roma non vengono passate. La più dura è stata Marina: «Non lo disturbate più, è stato assurdo imporgli certi ritmi». Il giro nei quartieri di Roma, le trasferte a Napoli e Caserta. Troppo. «Si volta pagina, dovrà esserci una FI senza Berlusconi». Il fatto è che perlomeno dentro FI il Cavaliere è una delle poche garanzie di unità. Senza di lui il rischio è che l'arcipelago azzurro sia destinato ancor più a frantumarsi se non addirittura a sprofondare.

Intanto si è aperto un nuovo round tra nordisti e sudisti, con alcuni esponenti del Meridione che, per bilanciare il peso del Carroccio, si stanno organizzando in una corrente e faranno un'iniziativa dopo il 19 giugno. Il calabrese Occhiuto è il primo sponsor, ma sono in tanti a muoversi, cercando anche l'appoggio della Carfagna. «Se sono gli stessi che hanno portato il partito a Napoli al 9% e perso miseramente a Salerno e in altre parti del sud non andiamo da nessuna parte», la risposta dei big del Settentrione che respingono anche qualsiasi ipotesi di lasciare le redini del partito in mano a leader improvvisati e mirano solo a rinsaldare l'asse con il Carroccio in vista della lista unica.

Ma il pericolo è che un'ala di FI traslochi sotto le insegne del contenitore che nascerà a breve e che porterà la firma in calce di Alfano e Casini prima e di Verdini dopo. E che vede in Parisi l'interlocutore che si siederà al tavolo per il nuovo corso. Una direzione completamente diversa da quella che sta cercando di imporre Salvini al centrodestra, con l'appoggio anche al referendum. Con il candidato sindaco di Milano che potrebbe indossare i panni del leader.

TUTTI CONTRO TUTTI
Con il Cavaliere fuori dalla partita dei ballottaggi e soprattutto dalla plancia di comando ora si aprirà un confronto interno.

Per arrivare ad un direttorio - composto da cinque o sei persone che possa guidare la fase di transizione e portare il partito ad un congresso. Questa è la via che pensano di percorrere molti big ma già tempo fa l'ex premier si oppose ad una soluzione del genere. Soltanto che questa volta si punterà ad imporre l'exit strategy e a marginalizzare il potere del cerchio magico. Nessuna delega in bianco. «Decideremo noi», ripetono i parlamentari che da mesi sono stati tenuti fuori dalle decisioni, a cominciare da quelle sulle amministrative. Non sarà facile. I vertici azzurri predicano calma, «niente sciacallaggi, tutti con Berlusconi». Ma lo spirito di autodifesa anima peones e dirigenti e agita il partito nelle fondamenta. «Chi è che decide chi deve far parte del direttorio?», è però la domanda ricorrente. Un'altra idea è quella di lasciare ai capigruppo il compito di traghettare FI ma il timore sotto traccia è che sia iniziato già il tutti contro tutti.

Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 12:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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