Berlusconi, cos'è la leucemia mielomonocitica cronica? «Meno grave di quella acuta, con i farmaci curati anche i 90enni»

Pagano (direttore Ematologia geriatrica del Gemelli): «Ma attenzione agli effetti collaterali»

Venerdì 7 Aprile 2023 di Graziella Melina
Berlusconi, cos'è la leucemia mielomonocitica cronica? «Meno grave di quella acuta, con i farmaci curati anche i 90enni»

La patologia diagnostica all'ospedale San Raffaele di Milano a Silvio Berlusconi, ossia la leucemia mielomonocitica cronica, come spiega Livio Pagano, direttore di Ematologia geriatrica ed Emopatie rare della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma, «ha una prognosi migliore rispetto ad una leucemia acuta, perché è meno aggressiva».

Ma di cosa si tratta?
«È una sindrome mielodisplastica, cioè una malattia del sangue caratterizzata da un aumento dei monociti, una componente dei globuli bianchi prodotti nel midollo osseo.

Nell'ambito delle emopatie che interessano la linea dei neutrofili, i globuli bianchi maggiormente presenti nel sangue, le sindromi mielodisplastiche sono condizioni preleucemiche: non ci troviamo ancora di fronte ad una leucemia acuta, la trasformazione del resto non è la norma, e sono frequentemente più suscettibili alle cure. Questo tipo di pazienti hanno quindi una prognosi migliore perché possono essere trattati con farmaci che sono estremamente efficaci e possono avere prospettive di lunga sopravvivenza anche se hanno una età avanzata. In genere, si arriva a trattarli anche a 90 anni».

Quali sono le cure necessarie?
«Solitamente si utilizza la chemioterapia, in particolare la azacitidina, una terapia demetilante che si somministra per via sottocutanea per 7 giorni al mese. Si deve ripetere periodicamente, perché deve portare a guarigione il midollo in tempi lunghi sperando che non dia troppa tossicità. Per una terapia acuta è necessario invece un trattamento d'urto, solitamente per via endovenosa, che può essere non tollerabile nel paziente anziano. Non dimentichiamo che comunque anche un trattamento con la azacitidina non è libero da effetti collaterali».

Per esempio?
«Quando un paziente sostiene un trattamento, il problema più grosso sono le complicanze infettive. Il compito dei farmaci è infatti quello di eliminare dal midollo le cellule malate, ma purtroppo questi medicinali non sono selettivi, vale a dire non distruggono soltanto le cellule malate: eliminano anche quelle sane. Il paziente quindi può andare incontro a quella che viene chiamata aplasia post chemioterapica, vale a dire un periodo di tempo che va da una settimana a 15 giorni, durante il quale non ha difese nei confronti delle infezioni, perché i globuli bianchi sono molto bassi. In queste condizioni si possono quindi sviluppare infezioni che possono essere per lo più di tipo batterico e fungino».

Quali sono i sintomi?
«Possono essere molteplici e sono legati al ridotto numero di globuli rossi, bianchi e di piastrine. Questo comporta ovviamente un aumento delle manifestazioni cliniche dovute all'anemia, quali per esempio una sofferenza cardiaca, e da un numero crescente di episodi emorragici, tra i quali i più pericolosi sono quelli cerebrali. Poi si possono osservare eventi infettivi, come polmoniti e sepsi».

Ma qual è la causa di questa patologia?
«Non si conoscono perfettamente le cause che provocano una leucemia mielomonocitica cronica, sicuramente si tratta di una patologia che è osservata più frequentemente nei soggetti di età superiore ai 70 anni».

Le comorbidità complicano la situazione?
«Assolutamente sì, pesa tutta la storia clinica precedente all'insorgenza della patologia. Non dimentichiamo che i pazienti di età adulta, sopra i 70 anni, solitamente per la fisiologica storia della loro vita possono presentare numerose comorbidità, quali per esempio malattie cardiovascolari, epatiche e precedenti tumori. Sono tutti fattori che possono incidere in maniera negativa su un programma terapeutico di un paziente, con un peggioramento della prognosi».

Quindi la leucemia può insorgere anche in seguito a un pregresso tumore?
«Certo. Le chemioterapie possono danneggiare la cellula staminale midollare, ossia la cellula madre di tutte le cellule del sangue, e quindi favorire l'insorgenza di leucemie e mielodisplasie secondarie. Tanto è vero che il tasso maggiore di emopatie maligne secondarie lo osserviamo fondamentalmente in pazienti che hanno avuto un trattamento per il tumore della mammella, o per i linfomi, vale a dire patologie potenzialmente guaribili per la malattia di base».
 

 

Ultimo aggiornamento: 8 Aprile, 12:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci