Ex Ilva, scontro Conte-M5S sullo scudo. ArcelorMittal deposita il recesso

Mercoledì 13 Novembre 2019 di Diodato Pirone
Ex Ilva, scontro Conte-M5S sullo scudo. ArcelorMittal deposita il recesso

Formalmente l'addio è pronto. Ieri Arcelor Mittal ha depositato in tribunale l'atto di recesso dal contratto di affitto dell'Ilva di Taranto. È la mossa, preannunciata dieci giorni fa, con cui l'azienda franco-indiana prepara l'addio alle acciaierie pugliesi. «La produzione si sta già fermando, con effetti irreversibili», lanciano l'allarme i sindacati.
Il governo risponde con un ricorso d'urgenza dei commissari dell'ex Ilva contro il recesso. E Giuseppe Conte, mentre già studia un «piano B», prepara l'ultima trattativa con Mittal, in vista di un tavolo che però non è ancora convocato.
A complicare le cose ci si mettono i parlamentari pugliesi (o, meglio, tarantini) del M5s, che fanno muro contro l'ipotesi di un nuovo «scudo» penale. «Se fai un disastro ambientale paghi», dice anche Luigi Di Maio. E si alza la tensione con il premier e gli alleati: «senza una voce unica» si rischia di sbattere, torna ad avvertire il Pd. Le voci nella maggioranza si rincorrono: circola anche notizia - Palazzo Chigi smentisce - di una nuova visita di Conte a Taranto. Il ministro Speranza parla di «rafforzamento dei presidi sanitari a Taranto».

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IL RILANCIO
Il premier, dopo aver invitato i ministri a portare in Cdm giovedì proposte per il rilancio della città pugliese, tace. L'incontro con Mittal, spiegano da Palazzo Chigi, dovrebbe esserci in settimana, ma ad ora non è fissato. La proprietà parla solo con l'atto legale di recesso, presentato in tribunale a Milano. Se non risulterà possibile una mediazione, resta solo la via legale. Ma Conte, spiegano dal governo, studia anche ogni possibile soluzione alternativa, da nuovi partner industriali (torna il nome di Jindal) a un ingresso di imprese statali come Fincantieri.
L'obiettivo, spiegano i suoi, è fare «il tutto per tutto» per evitare la chiusura delle acciaierie. È questo che Conte spiega di primo mattino ai parlamentari tarantini del M5s convocati a Palazzo Chigi, con i ministri Di Maio, Stefano Patuanelli e Federico D'Incà. C'è anche Barbara Lezzi, che tarantina non è, ma guida il drappello dei pugliesi che hanno bloccato lo scudo per Mittal e ora non ne vogliono più sentire parlare. I toni si accendono, la tensione sale. Il premier spiega che lo scudo penale non è la questione centrale, perché Mittal pone un problema industriale. Ma aggiunge che introdurlo toglie agli indiani ogni alibi e potrebbe aiutare nella battaglia.
L'ipotesi è un decreto ad hoc. «Te lo puoi scordare», dice Lezzi. «Ma non capisci la gravità della situazione?», ribatte Conte. Di Maio è defilato, sillaba solo che il Parlamento è sovrano In serata in due assemblee M5s al Senato e alla Camera si cerca di serrare le truppe, placare gli animi.
E mentre Di Maio afferma che il governo resterà compatto ma non può accettare «ricatti», Stefano Patuanelli propone una norma ad hoc a tempo e agganciata a un programma di decarbonizzazione: nel M5s c'è chi apre.
A esprimere il livello di preoccupazione che serpeggia anche nella maggioranza, sono i sindacati che, pur avendo opinioni diverse, scrivono insieme a Mittal per chiedere di proseguire il confronto. Il Tesoro ribadisce che la fabbrica deve rimanere in piedi perché l'acciaio è strategico per un paese come l'Italia che l'acciaio lo trasforma in auto e macchine utensili. Gualtieri parla di «soluzione di mercato». Per Graziano Delrio (Pd): «Il potenziale ingresso di Cdp è una buona idea». Il governo sembra pronto a finanziare la cassa integrazione, dare sostegno sulla bonifica e sconti sugli impianti, anche per aprire appunto a un ingresso parziale di Cdp.
 

Ultimo aggiornamento: 15:54 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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