Anticorruzione, niente fiducia dopo lo stop di ieri. Ma l'esame del ddl va verso lo slittamento

Mercoledì 21 Novembre 2018
Anticorruzione, niente fiducia dopo lo stop di ieri. Ma l'esame del ddl va verso lo slittamento
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Il giorno dopo la battuta d'arresto della maggioranza andata sotto in Aula su un emendamento che riforma il peculato approvato con il voto segreto, il disegno di legge sull'anticorruzione riprende l'iter alla Camera, senza la fiducia sugli emendamenti e stressato dai sospetti incrociati tra Lega e 5 Stelle. 

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L'obiettivo è chiudere la partita domani, anche se l'ok definitivo potrebbe slittare tra la fine dell'anno e l'inizio del 2019. Il governo, intanto, cerca di ridimensionare l'incidente e ricompattarsi. Lo fa plasticamente, mandando in Aula il premier Conte di mattina mentre i due vice Luigi Di Maio e Matteo Salvini e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede si alternano tra i banchi dell'esecutivo e l'emiciclo fino a sera, a mò di sorveglianti speciali.

Il mantra del giorno è che dietro al voto di ieri non c'è alcun disegno politico, nessun messaggio nè prove di forza. Cadere su un emendamento «capita: non è il primo e non sarà l'ultimo», sminuisce sorridendo il leader leghista. «Un incidente di percorso ma risolveremo al Senato», assicura anche il presidente del Consiglio al termine di un vertice di governo a Montecitorio. E va oltre: la norma «verrà approvata alla Camera in terza lettura per la fine di dicembre». Insomma nessun ingorgo in Parlamento: «Saremo ottimi vigili urbani», la risolve ironicamente.

In realtà per il provvedimento che tornerà in Aula domani alle 9 (anziché venerdì), i tempi si allungano e il rischio di un'approvazione nel 2019 c'è. Con riflessi soprattutto in casa 5 Stelle. Il ddl ribattezzato da alcuni 'spazza-corrottì, è uno dei provvedimenti bandiera per un movimento cresciuto a «onestà, onestà!» e che così potrebbe controbilanciare la fierezza del Carroccio pronto a portarsi a casa (e prima dell'anticorruzione) il decreto sicurezza. Da qui la guerra di trincea fra i due alleati, sempre meno fedeli tra loro e sempre più sospettosi.

Non a caso la giornata comincia con un'assemblea dei gruppi parlamentari M5s e Di Maio, per fare il punto su entrambi i provvedimenti. Su quello anticorruzione, i sospetti sul 'blitz' all'emendamento della sera prima (presentato da Catello Vitiello, ex 5 stelle ora al gruppo misto) cadono sul capogruppo della Lega Riccardo Molinari che, insieme al viceministro ai Trasporti Edoardo Rixi, sarebbe toccato in qualche modo dal ddl. Ma il vero bersaglio - è la vulgata 5S - sarebbe il segretario della Lega, incapace di 'tenerè i suoi. Inoltre, se il peculato venisse riformato come prevede l'emendamento, avrebbe effetti favorevoli per gli imputati del maxi processo milanese sulla presunta 'rimborsopolì al Pirellone.

Tra loro, il capogruppo della Lega al Senato Massimiliano Romeo, l'eurodeputato leghista Angelo Ciocca, l'europarlamentare di Forza Italia Stefano Maullu, Alessandro Colucci, segretario della Camera per il gruppo misto, oltre agli ex consiglieri Renzo Bossi e Nicole Minetti.

Si insinua il dubbio che l'emendamento tanto contestato, in realtà non dispiaccia a tanti. Il M5s comunque tiene il punto e insiste che non ci saranno macchie sul ddl. «Questa norma è il peggio perché salva i politici che rubano i soldi: per noi è inaccettabile», tuona Di Maio. E propone la soluzione: «La più grande riparazione è l'approvazione in tempi più brevi, e vedere a febbraio che i partiti devono rendicontare tutto». In Aula per tutto il giorno l'esame procede lentamente, con il voto su ogni emendamento ma senza sorprese e fino alle 22. Domani si ricomincia e la capigruppo della Camera ha già posto la sua dead line per l'ok finale: le 17. Ora in cui Conte sarà in Aula per un'informativa urgente sulla bocciatura della manovra da parte della Commissione europea.​

Ultimo aggiornamento: 22 Novembre, 08:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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