Nicola, 28 anni, si paga il funerale e si uccide alla vigilia del processo. «Andava aiutato»

Mercoledì 7 Aprile 2021 di Davide Piol
Nicola, 28 anni, si paga il funerale e si uccide alla vigilia del processo. «Andava aiutato»

San Pietro di Cadore (Belluno) - Ascoltando le parole di chi gli è stato accanto, nell’ultimo periodo, emerge la figura di un ragazzo fragile. Si potrebbe quasi dire vicino al punto di rottura, a causa di un’inquietudine che si portava dentro – alimentata da paure, dolori, offese continue sui social – che, alla fine, l’ha sopraffatto. Tra poco più di un mese, il 22 maggio, Nicola Mina avrebbe compiuto 29 anni. Invece pochi giorni prima di Pasqua, e a ridosso della prima udienza del processo che lo vedeva alla sbarra per tentato omicidio nei confronti di un venditore ambulante, si è tolto la vita lasciando un intero paese, San Pietro di Cadore, sotto choc. 

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GESTO PREMEDITATO
«Ci ha lasciato un ragazzo di 28 anni che doveva essere aiutato – commenta il suo avvocato Danilo Riponti – Non voglio dire capito. Il gesto lo aveva fatto ma bisognava capire cosa c’era dietro». Una tragedia che ha lasciato senza parole la sorella, i genitori e i nonni. Un gesto premeditato. Da quanto riportano fonti investigative sembra che, a inizio marzo, Nicola Mina si fosse pagato il funerale, avvenuto proprio in questi giorni.

Una decisione che ha scavato nella sua anima per quasi un mese. Poteva essere salvato? È una domanda che, al momento, perde senso e significato. Il suo malessere era cominciato molto prima quando, spiega l’avvocato Riponti, «abbiamo voluto guardarlo senza umanità». 

VENNE ARRESTATO
Era l’8 agosto del 2020. San Pietro di Cadore. Verso le 17, in piazza, nacque una discussione tra Nicola Mina e un venditore ambulante, M.S.W., 47enne di origini senegalesi e residente a Cavaso del Tomba (Treviso). Dalle parole, insulti urlati a gran voce, si passò ai fatti. Il giovane impugnò un coltello che nascondeva nelle tasche e lo conficcò per ben due volte nell’addome dell’uomo che cadde a terra in una pozza di sangue. M.S.W. fu trasportato d’urgenza all’ospedale e ricoverato in Chirurgia. Mentre Nicola Mina fu arrestato e poi messo agli arresti domiciliari. Fu indagato per tentato omicidio, aggravato dall’odio razziale, e poi rinviato a giudizio. 

IL PERDONO DELLA VITTIMA
«Sono musulmano – aveva spiegato M.S.W. dopo esser uscito dall’ospedale - La mia religione mi invita a perdonare e lo perdono. La giustizia farà ciò che deve ma non voglio vendetta né gli auguro di finire in prigione per la violenza che mi ha fatto. Perché la prigione rende peggiori e io penso che quel ragazzo deve migliorare stando fuori e pentendosi del suo comportamento». Nel frattempo, sui social, scoppiò il finimondo. E Nicola, davanti a quelle dita che lo indicavano e a quelle bocche che lo insultavano, cominciò a soffocare. Più volte inviò al suo legale alcuni dei commenti che trovava sui social chiedendo il motivo di quel accanimento costante e feroce. 

È STATO LAPIDATO
«Se le persone avessero cercato di capire un po’ di più l’uomo invece che lapidarlo – continua l’avvocato Riponti – forse lo avrebbero aiutato a superare quel momento difficile. Non dimentichiamoci mai che dall’altra parte ci sono persone, esseri umani che da una parola o da un commento riportano delle cicatrici gravissime». Il legale ammette di essere rimasto «profondamente turbato» da quanto accaduto. Sfogliando i messaggi del cellulare c’è ancora quello di Nicola, inviato poco prima di Pasqua, in cui faceva gli auguri a lui e alla sua famiglia. 

UNA VERITÀ DIVERSA
Questa mattina ci sarà la prima e ultima udienza del processo: «Ci serva di monito – conclude il legale – Io stesso mi sono interrogato negli ultimi giorni. Era un processo che volevo affrontare per dare una verità diversa da quella emersa. Non c’era l’odio razziale. C’erano invece delle problematiche da affrontare e da capire per un giusto giudizio. Nicola non è stato in grado di gestire il meccanismo terribile che si è avviato intorno a lui». 
 

Ultimo aggiornamento: 09:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA