Processo Giulio Regeni, la beffa: annullati i rinvii a giudizio dei quattro 007 egiziani

La Corte: gli atti tornino al gup, manca la prova della notifica ai 4 agenti imputati. I giudici spiegano: «Le responsabilità sono dell’inerzia acclarata dell’Egitto»

Giovedì 14 Ottobre 2021 di Michela Allegri
Processo Giulio Regeni, la beffa: annullati i rinvii a giudizio dei quattro 007 egiziani

Processo Giulio Regeni: tutto da rifare.

E' stato sospeso il processo ai quattro 007 egiziani accusati della morte del ricercatore triestino di 28 anni torturato e ucciso nel 2016 al Cairo: gli atti sono stati restituiti al giudice che aveva disposto il rinvio a giudizio.

L’ha stabilito la III Corte d’assise di Roma, dopo una camera di consiglio durata oltre 5 ore, al termine della prima udienza del dibattimento nell’aula bunker di Rebibbia. Secondo i giudici, a causa «dell’acclarata inerzia dello Stato egiziano», non c’è prova che gli imputati, assenti dall’aula, siano a conoscenza del processo a loro carico: il decreto che disponeva il giudizio era stato notificato agli avvocati d’ufficio degli agenti della National Security «basandosi sul presupposto che questi ultimi si fossero sottratti volontariamente alla conoscenza di atti del procedimento», si legge nel provvedimento. Il dibattimento è stato considerato irregolare, perché non è provato che gli imputati abbiano deciso volontariamente di essere contumaci: le richieste del ministero della Giustizia italiano sono «certamente pervenute presso l’omologa autorità egiziana» - spiegano i giudici - e sono state «seguite da reiterati solleciti per via giudiziaria e diplomatica nonché da appelli di risonanza internazionale», ma il Cairo non ha mai collaborato. Gli imputati, dunque, non sono stati raggiunti da alcun atto ufficiale. Si ripartirà quindi con una nuova ricerca dei quattro 007 e con una nuova udienza preliminare.


In realtà, secondo il procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, titolare del fascicolo, gli agenti accusati di avere torturato e ucciso il ricercatore friulano avrebbero messo in atto «un’azione complessiva per bloccare e rallentare le indagini, ed evitare che il processo avesse luogo in Italia». E ancora: «Per 5 anni c’è stata una volontaria sottrazione. Sono finti inconsapevoli».

Il magistrato, chiedendo alla Corte di respingere la richiesta delle difese, ha sottolineato che nel processo sulla morte di Regeni «non c’è una prova regina, un’intercettazione telefonica. Ma ci sono almeno 13 elementi che, dal 2016 a oggi, se messi insieme, fanno emergere che gli agenti si sono volontariamente sottratti al processo. La domanda è: perché gli imputati non sono presenti? L’imputato ha diritto ad avere tutte le notifiche, ma ha anche il dovere di eleggere domicilio».

Sul punto, da parte dell’Egitto c’è stato solo silenzio: su 64 rogatorie inviate al Cairo, 39 non hanno mai avuto risposta, comprese quelle relative alle notifiche degli atti. E, oltretutto, il procedimento italiano è stato riportato sui giornali e sui siti di tutto il mondo: difficile pensare che la notizia non sia arrivata anche ai diretti interessati. «Sono convinto che oggi i quattro imputati sappiano che qui si sta celebrando la prima udienza», ha concluso Colaiocco.
Regeni, dottorando dell’università di Cambridge, era stato rapito al Cairo il 25 gennaio 2016, giorno del quinto anniversario delle proteste di piazza Tahrir, ed era stato ritrovato senza vita il 3 febbraio successivo. Sul corpo aveva evidenti segni di torture: bruciature, frattura di denti e ossa, lividi, tagli, coltellate. Per l’omicidio, lo scorso maggio, erano sono stati rinviati a giudizio il generale Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamel e Usham Helmi, e il maggiore Magdi Sharif. Le accuse a loro carico sono il sequestro di persona pluriaggravato, il concorso in lesioni personali gravissime e l’omicidio.


LE REAZIONI
La decisione dei giudici è stata accolta a piazzale Clodio con «sorpresa e amarezza». Per la Procura, «il tentativo di impedire che il processo si celebrasse non collaborando è andato a buon fine, malgrado un lavoro inteso che ha permesso l’identificazione dei presunti autori dei fatti». Delusione anche da parte della famiglia del ricercatore: «Riteniamo importante che il governo italiano abbia deciso di costituirsi parte civile - ha detto l’avvocato Alessandra Ballerini, legale dei Regeni - Prendiamo atto con amarezza della decisione della Corte che premia la prepotenza egiziana. È una battuta di arresto, ma non ci arrendiamo».

Lo Stato italiano parte civile

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Ultimo aggiornamento: 16 Ottobre, 10:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA