Napoli, bimbo di 11 anni si lancia nel vuoto: forse una sfida sui social

Mercoledì 30 Settembre 2020 di Leandro Del Gaudio
Napoli, bimbo di 11 anni si lancia nel vuoto: forse una sfida sui social

Puntano ad analizzare il contenuto di chat e di piattaforme informatiche, per dare una spiegazione a quanto avvenuto due notti fa in una zona bene di Napoli. Una pista doverosa - anche se non è l'unica -, per provare a ricostruire dinamica e responsabilità di un episodio drammatico: la morte di un bambino di soli 11 anni, precipitato nel vuoto, dal balcone di casa nel cortile interno al condominio in cui abitava. Un dramma che ha spinto la Procura di Napoli ad aprire un fascicolo per istigazione al suicidio, nel tentativo di verificare eventuali condizionamenti dietro un gesto del genere.

Napoli, bimbo di 11 anni si lancia dal decimo piano e muore: ha lasciato un messaggio alla mamma

TikTok, suicidio in diretta diventa virale: il social cinese non riesce a rimuovere il video
 

 

Indagine condotta dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone, coordinatore del pool fasce deboli, che parte da una possibile traccia lasciata dal piccolo prima del gesto estremo: ci sarebbe un biglietto nel quale il bambino chiede scusa alla mamma, con un riferimento allo stato di paura vissuto nelle ultime ore di vita. Riferimenti a un uomo nero incappucciato o comunque a qualcosa che rimanda a una condizione di soggezione che potrebbe essere stata alimentata da challenge che circolano sulle piattaforme telematiche. Videogiochi di ultima generazione che alimentano il senso di sfida, ma anche una forma di assoggettamento, come spesso denunciato in questi anni da parte di associazioni a tutela dei minori. Ma torniamo al dramma vissuto a Napoli. Una intera comunità si è stretta attorno alla famiglia del bambino. Senso di impotenza, sgomento collettivo quando si è diffusa la notizia. Tutti confermano un punto in particolare: era un bambino sano e felice, pienamente integrato, che frequentava volentieri la scuola, praticava sport, aveva amici ed era seguitissimo a casa, da parte dei genitori, dei fratelli e dei parenti. Non aveva condizioni familiari lacerate alle spalle, ma viveva in un contesto armonioso, finanche idilliaco. Genitori professionisti ben integrati in un quartiere elegante della città. Nulla avrebbe fatto presagire un gesto del genere. Quanto basta a spingere la Procura di Napoli ad aprire un fascicolo d'indagine, ovviamente contro ignoti, nel tentativo di comprendere se c'è stato un episodio scatenante vissuto ma passato inosservato da parte degli altri componenti della famiglia. Vicende simili rimandano la memoria alla challenge che circola sulla piattaforma blue whale (balena blue), meglio noto come gioco dell'orrore, finito sotto accusa in altri contesti nazionali proprio per aver scatenato atti di autolesionismo sui più piccoli.
Cinquanta prove che terminano proprio con il volo dall'alto, magari suggerito via skype da un altro giocatore nei panni della «balena». Ma si tratta di conclusioni premature, nel corso di un'inchiesta che è solo alle battute iniziali. Inchiesta condotta nel rispetto del dolore atroce toccato a una intera famiglia, nel tentativo di impedire che forme di suggestione possano abbattersi sulla vita di bambini troppo piccoli per scrollarsi di dosso la presenza dell'uomo nero. 

Ultimo aggiornamento: 09:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA