Ingegnere e giocatore di pallanuoto ucciso da un tumore allo stomaco: aveva 43 anni

Mercoledì 29 Luglio 2020 di Alessia Trentin
Francesco De Castello ucciso da un tumore a 43 anni

Aveva 43 anni, una moglie sposata un anno fa e una vita davanti. Francesco De Castello, ingegnere e giocatore di pallanuoto, è morto ieri mattina, martedì 28 luglio, all'Hospice Casa tua 2 a Belluno, vinto da quel male allo stomaco che aveva cercato di combattere con tutte le sue forze. «Ne sono sconvolto - commenta un amico, Guido Giuseppini -, lo avevo sentito solo pochi giorni fa, parlavamo di lavoro, avevamo progetti». Ma Francesco non ha avuto il tempo di completarli, i suoi progetti.

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L'ULTIMO RICOVERO
Lunedì si era sentito male ed era stato portato in ospedale, da lì il ricovero all'Hospice e il tragico epilogo ieri mattina. L'uomo lascia una moglie e la madre, vedova del marito da qualche anno, e tanti amici. Era amato, erano in tanti a voler bene a quel ragazzo tranquillo, senza grilli per la testa, sportivo e umile. Uno che non provava invidie, uno alla mano e sempre disponibile ad aiutare, Francesco.

IL RICORDO DEL SINDACO
«Ero umanamente molto legato a lui - racconta Camillo De Pellegrin, sindaco di Val di Zoldo -, posso dire che ci conoscevamo praticamente da sempre. Abbiamo trascorso tante giornate sugli sci e in sauna insieme, era davvero una persona buona nel vero senso della parola. Mancherà tanto a molti». Uno a cui piaceva vivere e che la vita l'ha attraversata con il passo lieve di chi sa farsi voler bene e non crea scontri. Giocatore di pallanuoto, amante della mountain bike, dell'alpinismo e della pallavolo, Francesco era laureato in ingegneria civile e lavorava nel suo studio a Belluno. Il tumore gli era stato diagnosticato nel dicembre del 2018, pochi mesi dopo aver completato la ristrutturazione della casa con la compagna, poi diventata moglie nell'estate del 2019. Il male lo aveva colto nel pieno della vita, con tanti sogni da realizzare e tanti progetti in divenire, ma non si era abbattuto e aveva affrontato la battaglia passando attraverso l'iter delle cure.
«Noi amici sapevamo che le cure non stavano procedendo come sperato - racconta Giuseppini -, io lo avevo sentito al telefono una quindicina di giorni fa ed era giù di morale e fisicamente provato.

Tuttavia avevamo chiacchierato e parlato anche di lavoro, c'erano un paio di progetti che stavamo portando avanti insieme».

Ultimo aggiornamento: 17:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA