Migranti, ora rischiamo di accogliere anche chi sbarca in Grecia

Mercoledì 9 Ottobre 2019 di Michela Allegri
Migranti, ora rischiamo di accogliere anche chi sbarca in Grecia

L'obiettivo è quello di arrivare a un accordo sulla redistribuzione che coinvolga almeno 10 Paesi, ma il prezzo per l'Italia potrebbe essere alto: il rischio, emerso tra le righe del vertice di Lussemburgo tra i ministri dell'Interno dei 28 Stati Ue sul tema migranti, è quello di un effetto boomerang. Perché, dati alla mano, il nostro Paese è in basso nella classifica degli sbarchi. In pole position, e con largo distacco, ci sono Grecia - con 11.500 arrivi in settembre -, Cipro e Spagna. E proprio questi Paesi, oltre a dirsi impossibilitati a partecipare ai meccanismi automatici di ricollocamento previsti dal patto a quattro - Italia, Malta, Germania e Lussemburgo - siglato a La Valletta, hanno chiesto che l'accordo venga allargato alla rotta del Mediterraneo orientale. Risultato: l'Italia e Malta otterrebbero sì la redistribuzione dei profughi sbarcati sulle loro coste, ma potrebbero dovere a loro volta accogliere quelli arrivati attraversando l'Egeo. Una soluzione è già stata ipotizzata: il nostro Paese e La Valletta sarebbero intenzionati a chiedere che gli Stati costieri, in questo caso, non vengano coinvolti nei meccanismi automatici di distribuzione. Ma si tratta solo di teorie, che torneranno sul tavolo durante la prossima riunione tecnica, venerdì, a Bruxelles.

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IL CLIMA
L'accordo di Malta, insomma, fatica a prendere quota, tra chiusure nette - come quella dei Paesi di Visegrad - e adesioni solo verbali - Lussemburgo, Portogallo, Irlanda e Finlandia -. Ma il clima è costruttivo. «Non possiamo andare avanti con soluzioni ad hoc. Servono responsabilità e solidarietà», ha detto il commissario Dimitris Avramopoulos. Mentre il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, è cauto ma fiducioso: punta a chiudere con il coinvolgimento del maggior numero di Paesi possibile per novembre o dicembre, anche se ha spiegato: «Hanno detto di sì quei tre o quattro Stati che avevano già dato disponibilità, bisogna lavorare perché l'accordo abbia valenza più ampia». Lamorgese sottolinea che in realtà «c'è già», in qualche modo, «l'attuazione dell'intesa», visto che «i migranti sbarcati dalle navi delle Ong vengono ripartiti».
Il lussemburghese Jean Asselborn ha invece confermato la partecipazione: «Sono contento del cambiamento in Italia, questo è molto positivo, e non si può lasciare l'Italia esposta». Mentre il tedesco Horst Seehofer ha parlato di altri «cinque-sei Paesi che hanno dimostrato simpatia per il piano, ma aspettano di conoscere più dettagli, tra questi Romania, Croazia, Estonia».
 

 


LA GERMANIA
Ma è proprio la Germania a mettere per prima le mani avanti. Dopo le critiche da parte della leader della Cdu, Annegret Kramp-Karrenbauer, preoccupata per un possibile pull factor, Seehofer ha avvertito che, nel caso vi fosse «un servizio taxi tra l'Italia e la Libia», la Germania è pronta ad uscire. E la stessa cosa vale per un'altra questione: l'accordo salterebbe se i numeri degli arrivi dovessero salire.
Bisogna considerare che, rispetto ad altri Paesi, al momento, l'Italia ha numeri di arrivi bassi. Lo dimostrano anche le statistiche diffuse dall'Agenzia europea di sostegno all'Asilo (Easo): Cipro quasi 9.000 richieste per milione di abitanti; Malta poco meno di 4.000; Grecia oltre 3.000. L'Italia è al sedicesimo posto: si contano solo alcune centinaia di domande. Una circostanza che è stata sottolineata da più di un ministro nel corso della riunione.

COINVOLGIMENTO ECONOMICO
Per quanto riguarda le posizioni nettamente contrarie all'accordo, come quella dei Paesi Visegrad, si pensa a un coinvolgimento di tipo finanziario: nessuna accoglienza, ma fondi per sostenere gli Stati volenterosi. Mentre la Turchia, per tornare a frenare i flussi, chiede un miliardo di euro per il 2020. A questo si aggiunge anche la preoccupazione per la possibile operazione militare di Ankara contro le milizie curde nel nord-est della Siria, con una potenziale ondata di migliaia di nuovi profughi.
 

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