Vincenzo Pisciotta ha letto il suo nome in tv all’improvviso: nella carta d’identità falsificata di Messina Denaro c’era la sua firma, scritta per esteso e ben comprensibile.
L'ipotesi contraffazione esterna
Eppure, stando al materiale che i magistrati hanno sequestrato due giorni fa, Vincenzo Pisciotta risulta l’uomo che ha firmato il documento che ha allungato la fuga del più ricercato d’Italia. «Quella carta è stata emessa nel 2016 e io non ricordo il giorno in cui il signor Andrea Bonafede si è presentato in ufficio per fare la richiesta. Ma la prassi era uguale per tutti: tre foto, una delle quali da applicare sul documento, un’altra da custodire in archivio e una da inviare alla Prefettura. Io firmavo tutta la pratica. Affidandomi anche al controllo fatto dai colleghi». Il sospetto, ripete l’ex ufficiale d’anagrafe, è che la contraffazione sia avvenuta lontano dagli uffici. Ma poi ammette: «Certo era difficile controllare una per una tutte le richieste che arrivavano quotidianamente. Erano almeno dieci al giorno».