L'appuntamento con gli scafisti era a due passi dalle coste della Libia. Ed è lì che, secondo la procura di Trapani, avveniva il trasbordo: i migranti venivano fatti salire sulle navi delle Ong e, soprattutto, ai trafficanti venivano restituiti i gommoni per organizzare un'altra tratta, invece di distruggerli. Secondo gli inquirenti avveniva sulla Iuventa, imbarcazione battente bandiera olandese dell'organizzazione non governativa tedesca Jugend Rettet, che trasferiva i naufraghi sulle barche di altre Ong finite sotto inchiesta. Emerge dalle conversazioni intercettate dalla Procura di Trapani, ma anche dal lavoro di un agente sotto copertura a bordo dei barconi e da un video che immortala il trasbordo. Un procedimento gigantesco, l'unico sulle Ong approdato in udienza preliminare: tutti gli altri sono stati archiviati per mancanza di prove. Ma qui a rischiare il processo, dopo quattro anni di verifiche e conversazioni captate, ci sono 24 imputati, tra persone fisiche e associazioni. E non si tratta solo dei volontari di Jugend Rettet, ma anche di quelli di Medici Senza Frontiere e Save the Children, che tra il 2016 e il 2017 operavano rispettivamente con le navi Vos Prudence e Vos Hestia.
IMMIGRAZIONE CLANDESTINA
L'accusa è pesante: favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
LA TRATTA
L'accusa è di avere favorito la tratta che inizia in Libia con la richiesta di somme esorbitanti di denaro come prezzo per il viaggio, prosegue con l'utilizzo di imbarcazioni «inadatte alla navigazione in mare aperto» - scriveva sempre il gip - va avanti con il recupero in acque internazionali da parte delle imbarcazioni delle Ong e si conclude con lo sbarco nei porti italiani. Secondo la procura, quindi, le organizzazioni umanitarie si accordavano con i trafficanti in Libia, concordavano orario e luogo in cui farsi trovare per accogliere i migranti a bordo delle loro navi, fingendo di averli salvati. Ma non è tutto. Agli atti dell'inchiesta c'è anche il reportage dell'agente sotto copertura. In un'immagine si vede uno scafista mentre picchia alcuni migranti con una cintura, o mentre li minaccia con un tubo di ferro, prima di salire su una delle navi delle Ong.
A rischio processo, i membri dell'equipaggio, volontari che hanno guidato le navi, ma anche organizzato le operazioni e partecipato alle missioni contestate dalla procura. Nei loro confronti la polizia giudiziaria, nell'informativa finale dell'inchiesta, usa parole pesanti: secondo gli investigatori, le Ong erano mosse anche da aspetti economici. Puntavano anche a mantenere alta visibilità mediatica per ricevere più donazioni.
La prossima udienza preliminare è prevista in dicembre. Ma una parte di inchiesta è ancora pendente: Dariush Beigui, capitano della tedesca Iuventa, difeso dagli avvocati Nicola Canestrini, Alessandro Gamberini e Francesca Cancellaro, verrà interrogato sabato. Un atto che l'ultima volta è stato rimandato: «Quando siamo arrivati in Questura a Trapani non era presente un interprete che parlasse correttamente il tedesco», ha dichiarato l'avvocato Canestrini. Che ha aggiunto: «Per questo procedimento l'Italia è nel mirino della comunità internazionale: si dovrà decidere se la politica migratoria italiana ed europea sia conforme ai principi del diritto internazionale. L'unico record che vedo per l'Italia è quello delle morti in mare, non dei migranti in arrivo».