Luana D'Orazio, morta stritolata. «Macchinario manomesso per produrre l’8% in più»

Per la morte dell’operaia sono indagati la titolare Luana Coppini, il marito Daniele Faggi e il tecnico manutentore Mario Cusimano

Mercoledì 6 Ottobre 2021 di Claudia Guasco
Luana, morta stritolata. «Macchinario manomesso per produrre l’8% in più»

Morire a ventidue anni per un 8% di produzione in più, senza nemmeno vantaggi per i conti della ditta ma per una prassi di lavoro privo di misure di sicurezza. La Procura di Prato ha chiuso le indagini per la morte di Luana D’Orazio, la giovane pistoiese madre di un bimbo che il 3 maggio ha perso la vita durante il suo turno di lavoro all’«Orditura Luana», azienda tessile di Montemurlo. Per la morte dell’operaia trascinata e stritolata dalla macchina sono indagati la titolare Luana Coppini, il marito Daniele Faggi, considerato l’amministratore di fatto, e il tecnico manutentore Mario Cusimano. Per tutti e tre i reati ipotizzati sono omicidio colposo e rimozione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro.

RISUCCHIATA NEL MOTORE

È proprio su questo reato che la Procura di Prato guidata da Giuseppe Nicolosi ha concentrato gli sforzi: accertamenti, verifiche e perizie spiegano infatti come e perché Luana è morta.

Fondamentale l’approfondimento affidato all’ingegnere Giancarlo Gini, che ha chiesto due proroghe oltre ai due mesi di tempo concessi per stabilire il motivo per cui la ragazza sia stata risucchiata tra i rulli dell’orditoio al quale era addetta da due anni. È stata una perizia combattuta, alla presenza dei tecnici della difesa e degli esperti della famiglia di Luana, ma determinante perché sulla base dei risultati il pm Vincenzo Nitti ha avuto a disposizione la ricostruzione dettagliata di ciò che è avvenuto quella mattina di inizio maggio.

Alle 9,45, scrive il perito, la giovane operaia mette in funzione l’orditoio in modalità automatica, «veloce», un minuto dopo si avvicina al comando del rullo intorno a cui si avvolge il filato per tessere l’ordito e resta impigliata nella staffa. Che, segnala l’esperto, sporgeva in modo anomalo e non aveva alcuna copertura. Tutto avviene in pochi secondi. Luana non indossa abiti infortunistici, viene agganciata per la felpa e trascinata dentro il motore «in un abbraccio mortale». Preziosi i dati contenuti nella scatola nera, che hanno fornito orari, impostazioni e velocità della macchina. In base alla ricostruzione, il corpo di Luana ha girato per tre volte intorno al motore del subbio, il cilindro con il filo.

 

«È morta sul colpo per schiacciamento del torace», ha evidenziato l’autopsia. E forse avrebbe potuto salvarsi se, come da regolamento, fosse stata assistita nel lavoro: Luana era un’apprendista e avrebbe dovuto avere qualcuno accanto. Invece era sola e passano sette secondi prima che un collega, impegnato a un’altra macchina distante una ventina di metri, accorra e prema il pulsante di stop. È tutto inutile e per il perito la causa della morte è «l’evidente manomissione» dell’orditoio. Avvenuta non solo quel giorno, ma a quanto pare per abitudine: il cancello di protezione che impedisce di avvicinarsi ai rulli non veniva abbassato da mesi, tanto che gli investigatori nel primo sopralluogo hanno trovato le ragnatele.

Lo stesso accadeva al macchinario gemello e l’unico motivo per eliminare la saracinesca sarebbe stata la volontà di aumentare la produzione a dispetto della sicurezza. Perciò, stando agli elementi raccolti dagli investigatori, il quadro elettrico del macchinario sarebbe stato modificato affinché l’impianto potesse funzionare anche senza la sbarra abbassata. Il fidanzato ha raccontato che Luana si lamentava spesso delle condizioni di lavoro, delle liti con chi impartiva ordini, del fatto che fosse abbandonata a se stessa e dovesse «correre come una dannata». Diceva: «Questo macchinario è mezzo rotto, si ferma e ci mette più di tutti gli altri». E i colleghi hanno confermato che fosse abitudine lavorare senza protezione.

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«NESSUN GUADAGNO»

Gli approfondimenti disposti dalla Procura di Prato, che si appresta a chiedere il processo per i tre indagati, oltre a stabilire la causa della morte della ragazza puntavano a capire se fossero derivati guadagni dalla rimozione dei dispositivi di sicurezza dell’orditoio. E la risposta aggiunge altra amarezza: «Le indagini non hanno fornito riscontri tangibili dal punto di vista economico». Gli inquirenti sottolineano che quell’8% di produzione in più con eventuali modifiche alla macchina «non avrebbe però generato alcun guadagno per l’azienda». Si tratta di un orditoio da campionatura, la cui quantità di produzione non influisce sul fatturato aziendale. Anche per questo la Procura non ha contestato alcuna aggravante sui reati addebitati alla titolare, al marito e la tecnico manutentore.
 

Ultimo aggiornamento: 8 Ottobre, 10:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA