​Resta incinta dopo la sterilizzazione, Asur condannata a Macerata: darà 500 euro al mese per 23 anni alla famiglia del bambino

La donna aveva scoperto di aspettare un figlio solo al quinto mese di gravidanza

Venerdì 3 Marzo 2023 di Benedetta Lombo
Resta incinta dopo la sterilizzazione, Asur condannata a Macerata: darà 500 euro al mese per 23 anni alla famiglia del bambino

MACERATA -  Dopo la seconda gravidanza complicata, con rischi sia per lei sia per il figlio, e su consiglio dei medici aveva deciso di evitare nuove gravidanze così le era stata praticata la sterilizzazione tubarica. Ma dopo qualche tempo dall’operazione la scoperta: era incinta e al quinto mese. L’Azienda sanitaria è stata condannata a pagare 500 euro al mese alla famiglia per mantenere il bambino fino al 23esimo anno. Centotrentotto mila euro complessivi, oltre rivalutazione monetaria, a cui se ne aggiungono 14.700 di danno biologico riconosciuto dal giudice civile del Tribunale di Macerata Umberto Rana.

La storia, fortunatamente a lieto fine, ha come protagonista una famiglia che vive in un comune della provincia.

La coppia aveva già un figlio e nel 2011 era nato il secondo. La seconda gravidanza però per la donna era stata particolarmente complessa e problematica, alla fine si era conclusa positivamente ma la mamma, all’epoca poco più che 30enne, oltre alle difficoltà avute nel secondo parto aveva dovuto fare i conti con quello che per lei era stato il terzo taglio cesareo.

Diversi anni prima infatti, per problemi di salute, era stata costretta a sottoporsi a un intervento chirurgico per il quale era stato necessario praticare un taglio. Così anche su consiglio dei medici di non intraprendere un’ulteriore gravidanza, subito dopo il secondo parto avvenuto all’ospedale di Macerata la donna fu quindi sottoposta a un intervento di sterilizzazione tubarica con una tecnica molto diffusa, denominata di Pomeroy. Passò qualche tempo e la donna iniziò ad avere dolori al livello addominale, soprattutto di notte. 

 

La preoccupazione dei dolori

Preoccupata, decise di sottoporsi a ecografia per capire quale fosse l’origine di quei dolori che si accentuavano quando provava a dormire a pancia in giù e lì la scoperta: era incinta, al quinto mese. La donna, contraria all’aborto che comunque ormai non avrebbe neanche potuto più praticare, decise di portare avanti la gravidanza conclusa senza problemi né per lei né per il figlio. Visto l’esito dell’intervento rivelatosi del tutto inadeguato, qualche tempo dopo la mamma si rivolse a un legale, l’avvocato Laura Antonelli, attraverso la quale tentò una conciliazione con l’Asur che andò avanti per diverso tempo senza approdare a un accordo.

Fallita la strada stragiudiziale, il legale promosse una causa civile contro l’Azienda sanitaria, causa che per plurime circostanze si protrasse per anni, tra rinvii, cambi di giudici e in ultimo il Covid che per diverso tempo ha paralizzato anche le attività dei Tribunali. Nel corso dell’istruttoria fu disposta una consulenza tecnica affidata al ctu Marco Di Tommaso all’esito della quale il professionista non riuscì a stabilire se l’intervento fosse stato eseguito bene o male perché mancavano dei dati sulla documentazione che gli era stata messa a disposizione, poté però concludere che la scelta del tipo di intervento praticato alla donna non fu corretta perché altre tecniche hanno margini di insuccesso più esigui.

 

La condanna

All’esito dell’istruttoria il giudice ha condannato l’Asur a pagare un risarcimento di 138.000 euro per il mantenimento del terzo figlio fino al 23° anno d’età (ovvero fino alla maggiore età, più cinque anni di università), quantificato in 500 euro al mese. Oltre a 14.700 euro di danno biologico riconosciuto alla madre. Ora la sentenza è diventata definitiva, l’Asur infatti ha deciso di non impugnarla in Appello.

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