«Il sorriso di Giulia mancherà al papà Gino, alla sorella Elena e al fratello Davide e a tutta la sua famiglia; mancherà agli amici ma anche a tutti noi perché il suo viso ci è divenuto caro».
Dal dolore ora è necessario costruire però un sentimento positivo: «La conclusione di questa storia lascia in noi amarezza, tristezza, a tratti anche rabbia ma quanto abbiamo vissuto ha reso evidente anche il desiderio di trasformare il dolore in impegno per l'edificazione di una società e un mondo migliori, che abbiano al centro il rispetto della persona (donna o uomo che sia) e la salvaguardia dei diritti fondamentali di ciascuno, specie quello alla libera e responsabile definizione del proprio progetto di vita», ha detto Cipolla sottolineando che «questo impegno è indispensabile non solo per garantire qualità di vita al singolo individuo ma anche per realizzare quei contesti sociali e quelle reti in cui le persone siano valorizzate in quanto soggetti in grado di dare un contributo originale e creativo».
«La speranza, che oggi rinnoviamo, per noi cristiani ha un nome e un volto: quello di Gesù, il Signore Risorto. È lui la vita che la morte non è riuscita a ingabbiare, il Giusto che l'ingiustizia non è riuscita a spezzare, il mite e umile di cuore che ha scardinato la violenza del potere», prosegue il vescovo. «La speranza, che è Cristo, è più di un antidoto nei momenti difficili della vita - sottolinea il vescovo - Il profeta Isaia descrive un mondo in cui compaiono una dopo l'altra scene che sembrano avere dell'assurdo e del fantasioso: 'Il lupo dimorerà insieme con l'agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il lattante si trastullerà sulla buca della viperà. Sembra pura utopia immaginare un mondo in cui le tensioni e gli opposti si compongano con una tale armonia». «Le piazze, le aule universitarie, i palazzi, le nostre case possono certo diventare quei luoghi dove poter difendere i diritti dei più deboli e creare le condizioni per una vita sociale e individuale all'insegna della giustizia e della libertà - conclude - Ma i cammini intrapresi in questi spazi saranno efficaci e giungeranno a dei risultati duraturi nella misura in cui dentro ciascuno di noi si comporrà l'armonia annunciata dal profeta».
L'appello ai giovani
«Amore: una grande parola, una parola che orienta alla alterità, che cerca il bene dell'altro, dell'altra. Io, con la mia concreta e personale esperienza, non so parlarne se non a partire dal Vangelo e da Dio ma anche per me il riferimento è così alto da sembrare irrealizzabile, come la profezia di Isaia. I nostri, anche se umani e responsabili, sono sempre tentativi di amore, e noi siamo sempre in cammino e sempre in ricerca della strada migliore. Forse voi giovani potete osare di più rispetto al passato: avete a disposizione le università e gli studi, avete possibilità di incontri e confronti a livello internazionale, avete più opportunità e benessere rispetto a 50 anni fa. Nella libertà potete amare meglio e di più: questa è la vostra vocazione e questa può e deve diventare la vostra felicità!». È quanto afferma Claudio Cipolla. «Su questa strada ci incontreremo e potremo aiutarci: si incontreranno i giovani e Dio, i giovani e il Vangelo - continua- L'amore non è un generico sentimento buonista, quindi. Non si sottrae alla verità, non sfugge la fatica di conoscere ed educare se stessi. È empatia che genera solidarietà, accordo di anime e corpi nutrito di idealità comuni, compassione che nell'ascolto dell'altro trova la via per spezzare l'autoreferenzialità e il narcisismo. Se questo è il nostro sogno, se cerchiamo germogli di speranza e di amore avvertiamo tutti la fatica di questo lavoro interiore. La nostra fragilità rende corto il respiro della speranza e precaria la tenuta dei nostri amori».
La pace per Filippo
Nel giorno del dolore per i funerali di Giulia Cecchettin, il vescovo di Padova rivolge un pensiero anche a Filippo Turetta, in carcere con l'accusa di avere ucciso la sua ex fidanzata. «Chiediamo la pace del cuore anche per Filippo e la sua famiglia», ha detto il vescovo nell'omelia. «Il nostro cuore cerca tenerezza, comprensione, affetto, amore. La pace del cuore è pace con se stessi, con il proprio corpo, con la propria psiche, con i propri sentimenti soprattutto quelli che riguardano il senso delle azioni che compiamo e il senso della vita», ha sottolineato il vescovo aggiungendo che «il nostro cuore è il luogo dove il Vangelo e la Pasqua di Gesù di Nazareth bussano con delicatezza pronti a dispiegare la loro forza umanizzante».