Giovanni Brusca ravveduto al punto da meritare gli arresti domiciliari? Per la concessione dei domiciliari è necessario un «compiuto ravvedimento» e il «pentimento civile» va approfondito e verificato nel tempo. Lo spiega la prima sezione penale della Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui, lo scorso 7 ottobre, ha respinto la richiesta di domiciliari al collaboratore di giustizia Giovanni Brusca, che sconta a Rebibbia 30 anni di carcere, con fine pena nel 2022, per la strage di Capaci ed altri efferati crimini.
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Dna e Dda di Palermo avevano espresso parere favorevole, gli operatori gli riconoscono un percorso di revisione critica, Brusca inoltre ha già usufruito di 80 permessi premio: elementi, assieme al suo «apporto collaborativo molto rilevante», valutati positivamente dal tribunale di sorveglianza di Roma, che però nel marzo scorso ha respinto l'istanza - sottolineando che «non ha ancora percorso davvero il cammino dell'emenda nei confronti delle vittime, del riscatto morale nei riguardo dei familiari» - trovando d'accordo la Suprema Corte.
Secondo la Cassazione, il tribunale di sorveglianza ha correttamente dedotto l'insussistenza della prova di «un effettivo compiuto ravvedimento», un percorso «attualmente solo intrapreso».
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Giovedì 19 Dicembre 2019Ha compiuto una interpretazione conforme alla giurisprudenza dove sostiene che «lo sforzo di Brusca nel manifestare il suo pentimento civile e il suo intento di riconciliazione nei confronti delle famiglie delle vittime e della società tutta vadano approfonditi e verificati nel corso del tempo». E laddove ritiene che «la gravità dei reati commessi da Brusca e la caratura criminale che lo stesso ha dimostrato nella sua vita di possedere, portino a considerare non ancora acquisita la prova certa e definitiva del suo ravvedimento».