«Il mio pensiero va alle vittime. La prima cosa che farò è occuparmi del risarcimento». Dice poche parole all'uscita dalla casa circondariale di Verbania, alle 2 della notte tra sabato e domenica, Luigi Nerini, il gestore dell'impianto di Mottarone. È provato e non solo dal carcere: «Bisogna trovare i responsabili, non c'è motivo di gioire, bisogna capire cosa è successo».
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«Finito un incubo»
A commentare la tragedia e la scarcerazione, all'uscita della casa circondariale di Verbania, in piena notte, è invece Perocchio, ingegnere esperto in funivie e anche dipendente del gruppo Leitner di Vipiteno della famiglia Seeber, la società che ha fornito le cabine e che si occupa della manutenzione dell'impianto di Mottarone. Perocchio indossa lo stesso maglione blu che aveva martedì sera quando, alle 23, è stato convocato a Stresa, in caserma. Immaginava di dovere rispondere alle domande degli inquirenti da testimone e invece è stato arrestato, senza essere mai interrogato. «È finito un incubo. Sono stati quattro giorni, anzi sei, molto duri. Sono disperato per le 14 persone, vittime di questa tragedia», commenta.
Prima di entrare nell'auto del suo avvocato, Andrea Da Parato, Perocchio ribadisce: «Io non sapevo niente di questi forchettoni. Farò di tutto per riprendere a lavorare il meglio possibile». Poi aggiunge: «Ho accolto malissimo la notizia che l'accusa fosse così grave. Ora mi sento un momento sollevato e sono contento di tornare in famiglia». Sulla questione dell'impianto frenante disattivato aggiunge: «Lavoro negli impianti a fune da 21 anni So che quella è una cosa da non fare per nessuna ragione al mondo».
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Ribadisce che la manutenzione era stata fatta, che tutto era a norma e non si spiega la rottura del cavo. «è un caso rarissimo ma può accadere, tanto che è previsto dalle norme di sicurezza». Ricorda il momento in cui ha appreso dell'incidente, sperava si trattasse di un accavallamento e che non fosse caduta la cabina. «Sono partito immediatamente. Credevo bisognasse occuparsi dei soccorsi - dice - al telefono non mi dicevano della strage. Credo che ricorderò per tutta la vita. Questa tragedia me la porterò sempre nel cuore. Mi son sentito morire. Continuavo a ripetermi che non era possibile. Io non potevo sapere che fossero stati messi i forchettoni, altrimenti avrei fermato l'impianto. Si poteva star chiusi uno o due giorni, in un periodo di bassa stagione e il problema sarebbe stato risolto. Quando ho saputo è stato come un macigno che arriva sullo stomaco». In questi giorni, Perocchio non ha visto la Tv né letto i giornali: «Ho preferito non vedere - commenta - Stavo per le persone mancate, stavo male per la situazione, stavo male per la mia famiglia. E quindi ho visto poco. È chiaro che è una tragedia immane per le persone mancate, ma io non potevo fare niente».
Val.Err.