Rapporti con spie del regime di Teheran, ‘ndranghetisti, trafficanti russi e faccendieri italiani.
NELLA CAPITALE INGLESE
È il 20 gennaio del 2017 quando vengono richieste al gip «intercettazioni d’urgenza». Firouz, dopo la trattativa nella Città Eterna per le armi avviata nel marzo del 2016, vola verso la capitale inglese per perfezionare l’accordo economico. Deve incassare la sua quota. Così compare nelle carte dell’inchiesta: «Incontro a Londra di Firouz con Safarian Nasab Esmail». Quest’ultimo, annotano i carabinieri dell’antiterrorismo del Ros, sarebbe un mullah. Il religioso, almeno fino ad ottobre del 2019, è indagato per terrorismo internazionale dalla procura capitolina e a Roma è spesso presente alle trattative per l’acquisto di prodotti bellici.
Il 68enne si incontra proprio con Esmail «per effettuare – scrive il gip – operazioni offline con il sistema mypos, si parla di cifre elevatissime sotto la direzione di Esmail e di un cittadino russo». E ancora «per quanto concerne le commissioni riconosciute a Michelangelo Ciocchetti (indagato nella stessa inchiesta per traffico di armi) e Firouz sono quantificate nel 2% dell’operazione». I soldi, compare nelle carte dell’indagine, «possono essere introdotti in contanti in Italia (…) o con un accredito sul conto di una società da costituire a Londra da intestare a Firouz».
LE DUE CORDATE
Nei mesi precedenti, a partire dal marzo del 2016, Firouz si era guadagnato la sua fetta mettendo in contatto a Roma, soggetti inviati dalla Repubblica Islamica con due differenti cordate di venditori d’armi italiani. Così si legge nella chiusura indagine per traffico di prodotti bellici notificata a Firouz (e ad altre nove persone) pochi giorni prima del suo assassinio: il 68enne «faceva entrare in contatto Aalipour Birgani Mehran, ed altri soggetti che agivano per conto del governo dell’Iran, con Trevisol Meridio che a sua volta – compare sempre nel capo d’imputazione – li metteva in contatto anche con Maria Domenico Libro, titolare di alcune società di armamenti (Mateba Italia srl; Fonderia Metalli Dquattro srl; Def Tecnlogies) successivamente» agli incontri «partecipavano anche Michelangelo Ciocchetti e Enrico Chiarelli» al fine di portare avanti «trattative aventi ad oggetto 5000 pezzi di materiale d’armamento».
La seconda cordata di imprenditori fa capo invece a Gabriele Santiccioli. Quest’ultimo, al vertice della Flytop, da gennaio del 2016, era in trattativa per vendere «droni dual use a grande percorrenza al governo dell’Iran» grazie alla mediazione di Firouz e al «contributo di Elio Biancucci e Claudio Parisi» al prezzo di 300 milioni di euro. Entrambe le operazioni non si concluderanno. L’antiterrorismo del Ros bloccò sul nascere la compravendita.
INVESTIMENTO A DUBAI
L’indagine sul traffico di prodotti bellici ha portato a galla altri rapporti torbidi che Firouz intratteneva con la criminalità organizzata calabrese e un faccendiere italiano. Quest’ultimo in ottimi rapporti con il 68enne iraniano a febbraio del 2017 viene arrestato, per riciclaggio, a Dubai, e condotto nel carcere di Ajman.
Firouz viene subito allertato dalla moglie dell’uomo. L’affarista stava trasferendo 25 milioni di euro da una banca ad un’altra attraverso la “tecnica dell’offline” quando la polizia gli piombò nella camera d’albergo. Ebbene in una conversazione intercettata due criminali si lamentavano dell’arresto del faccendiere con lo stesso Firouz. L’uomo a Dubai doveva trasferire anche 1 milione e 200 mila euro del boss Giuseppe Crea. Se l’affarista avesse perso il tesoro del capo ‘ndranghetista, spiega uno dei due malavitosi a Firouz, sarebbe stato ucciso.