Fine vita, medici prendono posizione: «Non daremo la morte ai pazienti»

Sabato 19 Ottobre 2019
Fine vita, medici prendono posizione: «Non daremo la morte ai pazienti»

Il medici prendono posizione sul "fine vita" e dicono che non aiuteranno nessun paziente a morire. «Il medico non abbandonerà mai a se stesso il paziente, assicurerà sempre le cure si palliative per contenere il dolore sino alla sedazione profonda e sarà presente fin dopo il decesso, che certificherà, ma non compirà l'atto fisico di somministrare la morte». Il presidente della Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici), Filippo Anelli, riassume la linea emersa a Parma all'interno della Consulta di Bioetica della Federazione. La posizione verrà portata all'attenzione del Consiglio nazionale dei 106 presidente degli ordini locali prevista a Novembre.
Il dibattito sul fine fine si era riacceso nelle settimane scorse in seguito alla sentenza storica della Corte Costituzionale che ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni,
«chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile». Anche in quell'occasione, i medici avevano espresso perplessità sollecitando al più presto una legge su una questione così delicata. E avevano richiesto che nelle norme fosse prevista l'obiezione di coscienza.

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Alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale sulla vicenda di Dj Fabo che ha stabilito come in presenza di determinate condizioni l'aiuto al suicidio non sia punibile, il cosiddetto, «suicidio assistito - viene sintetizzata in una nota la posizione dei dottori italiani - non deve essere necessariamente medicalizzato: ciò non toglie che il professionista continuerà a restare vicino al malato in tutte le fasi che il diritto all'autodeterminazione gli consente, fino a dopo la morte, certificandola».
D'altronde, puntualizza in un altro passaggio della stessa nota Anelli, «il medico ha per missione quella di combattere le malattie, tutelare la vita e alleviare le sofferenze. Quello del suicidio assistito è quindi un processo estraneo a questo impegno».
Ad ogni modo, spiega il presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri «si vuole certamente rispettare la volontà di chi decide di porre fine alla propria esistenza ritenuta troppo penosa e non più degna di essere prolungata, nei limiti previsti dalla Corte Costituzionale, ma si chiede anche di lasciare la nostra categoria estranea a questo atto suicidario». Quanto al problema di chi raccoglierà il consenso del paziente e di chi lo aiuterà nel suo intento, prosegue il presidente della Fnomceo, «una legge dello Stato dovrà trovare una terza persona (come ad esempio un pubblico ufficiale) per raccogliere la volontà suicidaria, e quanto a chi fisicamente aiuterà il malato a morire, forse è ragionevole supporre che debba essere il paziente stesso a poterlo decidere, a scegliere ad esempio un fratello, il coniuge, un genitore, ma non il medico, a meno che non lo faccia nella posizione di amico o parente del richiedente, non certo nel ruolo di professionista della salute».


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Ultimo aggiornamento: 1 Marzo, 01:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA