I giudici: «Fatima Sergio pericolosa, il suo era un programma terroristico»

Giovedì 11 Ottobre 2018
I giudici: «Fatima Sergio pericolosa, il suo era un programma terroristico»
MILANO Dalla Siria, parlando coi suoi genitori e con la sorella via Skype, Maria Giulia “Fatima” Sergio lanciò nel 2015 «un vero e proprio proclama del programma terroristico del cosiddetto Stato islamico, che dimostra la piene e completa partecipazione» della giovane all’Isis, in cui «si è inserita per il concreto compimento di tutte le attività di supporto riservate alle donne ed anche oltre, nonché l’estrema pericolosità della sua azione». Lo scrive la Corte d’Assise d’appello di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui ha confermato la condanna a nove anni di carcere per la prima foreign fighter italiana che viveva a Inzago, nel milanese, e di cui non si hanno più notizie da tre anni.
TERRORISMO INTERNAZIONALE
La Corte, presieduta da Maria Grazia Bernini, accogliendo le richieste del sostituto pg Nunzia Ciaravolo, ha confermato anche per gli altri imputati le pene inflitte in primo grado, tra cui dieci anni al marito di Fatima, l’albanese Aldo Kobuzi, anche lui partito per la Siria per andare a combattere nell’autunno 2014 e di cui non si sa più nulla. Fatima, condannata per associazione con finalità di terrorismo internazionale, avrebbe cercato di convincere padre e madre (entrambi poi morti nel corso del procedimento) e la sorella Marianna (condannata a 5 anni e 4 mesi in abbreviato con sentenza definitiva) a partire per i territori del Califfato, dove lei si era anche addestrata all’uso delle armi.
PRONTA A MORIRE
Fatima, scrive la Corte nelle motivazioni, si preparava «anche lei a compiere azioni violente nei confronti degli infedeli» e nelle telefonate ai familiari spiegava, infatti, «di essere pronta anche a morire appena le verrà consentito di passare anche lei al jihad (la lotta armata)».
Il padre, Sergio Sergio, era stato arrestato insieme alla moglie Assunta Buonfiglio e alla figlia Marianna nel luglio del 2015 perché, stando alle indagini dell’ex procuratore aggiunto di Milano e ora aggiunto alla Dna, Maurizio Romanelli, e del pm Paola Pirotta, erano tutti in procinto di lasciare l’Italia per raggiungere la figlia. I giudici hanno anche confermato le condanne a nove anni per la «maestra indottrinatrice» Haik Bushra, cittadina canadese che si troverebbe in Arabia Saudita, e a otto anni per Donika Coku e Seriola Kobuzi (anche loro erano andate in Siria), madre e sorella di Aldo Kobuzi. Nessuno degli imputati, secondo la Corte, merita le attenuanti data anche la «pericolosità per la collettività delle azioni poste in essere».
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