Fase 2, arrivano i "detective" del virus per i test a domicilio : «In 8 ore troviamo i sospetti positivi»

Venerdì 8 Maggio 2020 di Mauro Evangelisti
Fase 2, arrivano i "detective" del virus per i test a domicilio : «In 8 ore troviamo i sospetti positivi»

Contact tracing. La definizione è in inglese, ma rischiano di tornare a chiusure più severe quelle regioni italiane che non sapranno indagare sulle catene del contagio e che non avranno squadre speciali sul territorio; l'obiettivo è evitare che i positivi finiscano, inattesi, negli ospedali moltiplicando il contagio. Il decreto del ministro Speranza, che fissa i famosi 21 indicatori in base ai quali si stilerà stabilmente la pagelle delle regioni, con lo spettro di nuovi lockdown per chi riceve l'insufficienza, lo dice chiaramente ai punti 2.4, 2.5 e 2.6, riassunti nella raccomandazione: «Garantire adeguate risorse per contact-tracing, isolamento e quarantena». Più nello specifico, ecco gli indicatori: «Numero, tipologia e persone dedicate in ciascun servizio territoriale al contact tracing», «al monitoraggio dei contatti stretti», «numero di indagini epidemiologiche con ricerca dei contatti stretti».

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INDAGINI
In sintesi: ogni regione deve avere i «detective dei virus», professionisti che per ogni contagiato vadano a ricostruire spostamenti, viaggi, aree frequentate, ma anche le «squadre speciali», di medici e infermieri (le Usca, unità speciali di continuità assistenziali è la giusta definizione), che vadano casa per casa ad assistere chi è in isolamento e ad eseguire i tamponi, in alternativa al sistema drive-in che si sta diffondendo in tutta Italia (solo a Roma saranno 30 i luoghi dove fare i test restando in macchina). Nel decreto Maggio sono previsti 2,7 miliardi di euro per la sanità alla voce emergenza Covid, con la possibilità di assumere 9.000 infermieri da destinare soprattutto al territorio, dunque alle «squadre speciali», appunto alle Usca: l'obiettivo per le regioni è avere 8 unità di personale infermieristico ogni 50mila abitanti.
 



Squadre speciali, detective del virus, indagini delle Asl: in sintesi si chiama «sanità sul territorio» e questa emergenza coronavirus ha mostrato come alcune regioni siano più forti, altre più deboli. In linea di massima, concordano diversi esperti, Lombardia e Piemonte hanno fallito su questo fronte. In particolare, la Lombardia ha strutture ospedaliere di estrema eccellenza, ma proprio questo eccesso di ospedalizzazione si è rivelato il punto debole di una battaglia che andava combattuta strada per strada, non dentro agli ospedali divenuti moltiplicatori del virus. Al contrario, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana ma anche Lazio hanno limitato i danni grazie a una struttura sanitaria più attenta al territorio.

ESEMPIO SPALLANZANI
Una struttura che viene spesso portata ad esempio a livello nazionale per i «detective del virus», è il Seresmi dello Spallanzani che fa capo alla Regione Lazio (Servizio Regionale per l'Epidemiologia, Sorveglianza e controllo delle Malattie Infettive). A dirigerla è una dottoressa napoletana, Paola Scognamiglio, che racconta: «Le prime otto ore sono decisive per ricostruire i contatti di un paziente positive». L'assessore Alessio D'Amato la chiama «la nostra Signora in giallo», lei si arrabbia e racconta che in realtà è un lavoro di squadra, che comprende i servizi di prevenzione delle Asl, ma è vero che a Roma si sono fatti le ossa con efficacia: perché prima sono stati formati per seguire il Giubileo di papa Francesco, con tutte le incognite di decine di migliaia di persone attese da tutto il mondo; poi, sempre grazie a una struttura di eccellenza come lo Spallanzani ma anche a causa del ruolo di punto di incontro del mondo di Roma con l'aeroporto internazionale di Fiumicino, per vigilare su tutti i rischi di epidemia. Dall'ebola alla tbc, alla meningite. «Quando furono segnalati i primi due casi sospetti, la coppia di Wuhan, iniziammo subito l'indagine, prima dei tamponi: non si può aspettare perché c'è il rischio che il paziente peggiori e non possa collaborare». Di lì risalirono a dipendenti dell'hotel, autista, compagni di viaggio, spostamenti nelle altre regioni.

ASIATICI E MASCHERINE
Simile l'operazione per la famiglia di Taiwan che risultò essere positiva al ritorno in patria.
Un elemento su cui riflettere: non risultano casi di persone contagiate sia dalla coppia di Wuhan, sia dalla famiglia di Taipei. Viene da pensare che l'abitudine ad indossare la mascherina dei turisti asiatici abbia giocato un ruolo. «Non si può arrivare a conclusioni affrettate, ci sono troppe variabili. Per lo stesso tipo di operazione di indagine l'abbiamo coordinata anche per i primi casi locali, la donna di Fiumicino e l'agente di Spinaceto. Per la prima abbiamo ricostruito il viaggio in Lombardia, alla partita dell'Atalanta a Milano e ad Alzano Lombardo; per l'uomo i collegamenti a Pomezia, le scuole frequentate dai figli. In questa fase due sarà ancora più importante essere pronti a circoscrivere qualsiasi focolaio. Non spaventiamoci se magari un giorno i dati sono più alti, ciò che importa è isolare sempre tutti i contatti».

Ultimo aggiornamento: 11:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA