Domenico Forgione, in carcere da innocente per uno scambio di persona

Giovedì 10 Giugno 2021
Domenico Forgione, errori giudiziari: l'intercettazione non è la sua ma rimane in carcere sette mesi

Se l'intercettazione che vi incolpa non è la vostra intercettazione, se la voce che hanno collegato a voi non siete voi. È uno scambio di persona, ed è un incubo quel che è successo a Domenico Forgione: ha passato sette mesi in carcere.

L'ordinanza di custodia cautelare si basava anche su un'intercettazione telefonica carpita, dicono gli investigatori, a lui. Peccato che quella intercettazione, e quindi quella voce non fossero sue. La persona intercettata non era Forgione.

Lo prova una semplice perizia fonica: Domenico Forgione lo aveva detto fin dall'inizio che quella persona intercettata non era lui. Sintesi estrema: hanno sbagliato ad arrestarlo, lui non doveva andare in carcere, e quindi non doveva subire tutto quello che ha subito: gogna ma soprattutto sette lunghi mesi in cella. La sua storia è stata riportata dal quotidiano Il dubbio. 

Forgione, storico, giornalista e autore di diversi saggi, ora è stato scarcerato: più precisamente lo scorso 16 settembre. Si trovava agli arresti dal 25 febbraio 2020, quando a Sant’Eufemia d’Aspromonte il sindaco Domenico Creazzo, accusato di voto di scambio, era stato arrestato. Forgione, consigliere di minoranza, era accusato di associazione a delinquere. Il Consiglio comunale fu sciolto per infiltrazioni mafiose. 

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«Erano le 3.30 del 25 febbraio – racconta al Dubbio Forgione – quando siamo stati svegliati da dei colpi alla porta. Erano dei poliziotti, che ci chiedevano di aprire. Hanno tirato fuori due ordinanze, una per me e una per mio padre. Poi hanno perquisito casa e ci hanno portato via. Io non capivo, tant’è che mentre uscivo ho detto a mia madre: “ci vediamo più tardi”. Non pensavo potesse capitare una cosa del genere».

In questura a Forgione viene consegnato il faldone di 4mila pagine che lo riguardano e lo accusano. Nel frattempo: schedatura, «come un delinquente e poi la gogna delle manette ai polsi all’uscita, da tenere nascoste. Ma sempre gogna è, a favore degli obiettivi dei fotografi». Poi il carcere di Palmi, dove attende in un buco di un metro per due. «La perquisizione personale, l’umiliazione di dovermi spogliare completamente davanti a due sconosciuti che mi fanno accovacciare: non ho mai subito un’umiliazione più forte», dice.

Il suo nome compare in 17 pagine in tutto: è Dominique. Lui, nato in Australia, è conosciuto proprio con questo nomignolo. Ma leggendo non riesce a ritrovarsi: «Pensavo: quando ho detto queste cose? Non ho mai parlato di appalti, di soffiate su possibili operazioni, di precedenti indagini. In realtà io ho sempre saltato, sui giornali, gli articoli sulle operazioni: erano al di fuori dei miei interessi», racconta al Dubbio.

Forgione legge tre volte prima di giungere alla conclusione scontata: «La persona intercettata non ero io. Quel Dominique non ero io». La spiegazione, per lui, è una sola: hanno cercato qualcuno con quel nome, qualcuno che si occupasse di politica, e quindi gli appalti diventano una diretta conseguenza. Collegamenti per corroborare tesi e chiudere il cerchio, e le manette. Gli investigatori arrivano a lui grazie a quel nomignolo. Poco importa che Forgione sia un consigliere di minoranza e quindi faccia opposizione all'amministrazione. 

Come si fa auscire dal carcere, allora? L'avvovcato difensore chiede una perizia fonica ma a causa del Covid il perito non può entrare in carcere. La difesa, perciò, produce una propria perizia comparando l’interrogatorio di garanzia con l’audio dell’intercettazione. La voce non è la sua e nemmeno il dialetto parlato è quello del suo paese. 

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Poi ci sono altri elementi che la difesa evidenzia, e che andavano appurati prima. Forgione, il giorno dell'intercettazione era a giocare una partita di calcetto. E non ci sarebbe stato il tempo materiale per arrivare al ristorante dove i tre intercettati si trovavano. 

Nel frattempo Forgione viene trasferito nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Le condizioni igienico sanitarie sono pessime. In quei giorni, in quel carcere si consumano un suicidio e due tentati suicidi. «La spazzatura arrivava alle finestre delle celle e vivevamo in mezzo ad un puzzo terribile», racconta.

Sette mesi dopo, Forgione viene scarcerato e la sua posizione viene archiviata. Grazie a quella perizia.

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Ultimo aggiornamento: 10:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA