Yara Gambirasio, il gip chiede di indagare la pm di Bergamo: «Depistaggio sul caso dei 54 campioni di dna»

Frode processuale e depistaggio le due pesantissime accuse

Giovedì 29 Dicembre 2022 di Redazione Web
Yara Gambirasio, il gip chiede di indagare la pm di Bergamo: «Depistaggio sul dna di Bossetti»
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VENEZIA - Letizia Ruggeri, il pm di Bergamo che ha lottato per trovare l'assassino di Yara Gambirasio, deve essere indagata per depistaggio in merito alla presunta non corretta conservazione dei 54 campioni di Dna rinvenuti sul corpo della 13enne di Brembate e che la difesa di Massimo Bossetti chiede da tempo di potere analizzare. Lo ha stabilito il gip di Venezia Alberto Scaramuzza che ha ordinato la trasmissione degli atti al pm della procura veneta perché proceda all'iscrizione nell'apposito registro.

Letizia Ruggeri, la pm del caso Yara

A fronte di una denunzia-querela e di un atto di opposizione della difesa dell'uomo condannato in via definitiva all'ergastolo, «in buona parte indirizzati nei riguardi proprio di comportamenti del pm Letizia Ruggeri si impone - scrive il gip - la necessità di un'estensione soggettiva dell'iscrizione nei suoi confronti» in relazione al reato di frode in processo penale e depistaggio (articolo 375 del codice penale), reato punito con il carcere da 3 a 8 anni, per chi «immuta artificiosamente il corpo del reato ovvero lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone connessi al reato» (comma 1).

Una scelta che ha come finalità quella di «permettere al pm una compiuta valutazione anche della sua posizione in relazione a tutte le doglianze dell'opponente, che richiedono un necessario approfondimento, sia al fine di permettere alla stessa un'adeguata difesa», si legge nel dispositivo con cui il giudice veneto ordina l'archiviazione per Giovanni Petillo e Laura Epis, rispettivamente presidente della Prima sezione penale del tribunale di Bergamo e funzionaria responsabile dell'Ufficio corpi di reato.

Le provette del dna

La questione su cui si è pronunciata il tribunale di Venezia (competente sui magistrati di Bergamo) riguarda le 54 provette contenenti la traccia biologica mista di vittima e carnefice, spostati dal frigorifero dell'ospedale San Raffaele di Milano all'ufficio Corpi di reato del tribunale di Bergamo. Per Claudio Salvagni, difensore di Bossetti, quel cambio di destinazione, interrompendo la catena del freddo (i campioni erano conservati a 80 gradi sottozero) potrebbe aver deteriorato il Dna rendendo vano qualsiasi eventuale tentativo di nuove analisi. Nell'atto di quasi 70 pagine, di opposizione all'archiviazione, si mettono in fila più date a partire dal 26 novembre 2019 (dopo la pronuncia della Cassazione) quando la difesa richiede l'accesso ai campioni di Dna e l'indomani ottiene l'autorizzazione, ma non sa che il pm Ruggeri ha già chiesto di spostare le provette: il 21 novembre i 54 campioni vengono tolti dal frigo e consegnati dal professore Giorgio Casari ai carabinieri di Bergamo, raggiungeranno il tribunale il 2 dicembre 2019, «12 giorni dopo» aver lasciato il San Raffaele. Se per la procura di Venezia né le verifiche né i testimoni hanno fatto emergere la prova che, da parte degli indagati Petillo ed Epis, ci sia mai stata la volontà di distruggere o danneggiare quei campioni di Dna, ora spetta al pm Ruggeri dimostrare la sua buonafede.

«Unico provvedimento adottabile»

La tramissione degli atti alla Procura perché proceda all'iscrizione nel Registro degli indagati del pm del caso Yara, Letizia Ruggeri, che non era mai stata indagata, per il gip è l'unico «provvedimento adottabile» al termine dell'udienza di opposizione all'archiviazione per il presidente del Corte d'Assiste di Bergamo e di una cancelliera. Questo a fronte di una «denunzia querela e in un atto di opposizione» presentato dai legali di Bossetti Claudio Salvagni e Paolo Camporini «in buon parte indirizzati nei riguardi proprio» del pm che condusse le indagini e sostenne l'accusa nel processo a Bergamo che portò la condanna all'ergastolo di Bossetti. La trasmissione degli atti al pm di Venezia per procedere all'iscrizione serve per «permettere al pm una compiuta valutazione anche della sua posizione in relazione a tutte le doglianze dell'opponente» che richiedono «un necessario approfondimento», sia al fine di permettere alla stessa un'adeguata difesa. Sono invece archiviate le posizioni del presidente della Corte d'Assise Giovanni Petillo e della cancelleria della Corte d'assise di Bergamo.

Replica da Bergamo 

«Resto francamente sorpreso che dopo 3 gradi di giudizio, dopo 7 rigetti dei giudici di Bergamo sia all'analisi che alla verifica dello stato di conservazione dei reparti e dei campioni residui di dna, dopo che nei tre gradi di giudizio era stata respinta la richiesta difensiva di una perizia sul Dna, dopo la definitività della sentenza sopravvenuta nell'ottobre 2018 che ha accertato la colpevolezza dell'autore dell'omicidio di Yara, e dopo che era passato più di un anno da tale definitività - attacca il procuratore capo  ricorda di Bergamo Antonio Chiappani - si imputi ora alla pm il depistaggio in relazione alla conservazione delle provette dei residui organici, rimasti regolarmente crio-conservati in una cella frigorifera dell'istituto San Raffaele fino a novembre 2019, quindi oltre un anno dopo il passaggio in giudicato della sentenza della condanna, e solo successivamente confiscati come prevede il codice di procedura».

«Il provvedimento di Venezia arriva dopo che per altre due volte la corte d'Assise di Bergamo aveva negato ai difensori l'accesso a tali provette e dopo che la procura di Venezia aveva chiesto l'archiviazione della posizione del presidente della Corte d'Assise di Bergamo e di una cancelliera a seguito della denuncia per depistaggio» conclude Chiappani che si dice comunque «fiducioso che in sede di indagini emergerà la correttezza dei comportamenti tenuti dalla collega».

Ultimo aggiornamento: 18 Aprile, 01:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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