Usura nel patronato: tra le vittime una donna che aveva bisogno di soldi per le medicine

Giovedì 21 Febbraio 2019 di Camilla Mozzetti
Usura nel patronato: tra le vittime una donna che aveva bisogno di soldi per le medicine
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All’inizio non aveva capito di esser rimasta vittima di un vero e proprio raggiro. Poi Angela (la chiameremo così) si è resa conto di esser finita nelle mani di un gruppo di usurai che, sotto le spoglie di impiegati e dirigenti del patronato di Centocelle a Roma, nel giro di pochi mesi le avevano strappato più di 10 mila euro e continuavano a chiedere soldi non soltanto a lei ma a un gruppo di almeno altre dieci persone. Un vero e proprio sistema che andava avanti, secondo quanto emerso nelle indagini condotte dalla guardia di finanza, dal 2015 con parole in codice e un “libro mastro” in cui erano appuntati nomi e cifre da riscuotere. Alla testa del gruppo – sgominato ieri dai militari delle fiamme gialle – Eleonora Di Martino, la titolare del patronato che si faceva aiutare dai due figli, Alessio e Simone Renzani, nello scegliere le “vittime” a cui spillare denaro. A mettere sul piatto i soldi, invece, nella figura del finanziatore, c’era Dino Pelliccioni, classe 1966 e impiegato in un’università pubblica romana. I quattro, ora ai domiciliari, sono stati arrestati su mandato del gip Anna Maria Fattori con l’accusa di usura ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria. A far scattare l’indagine, la denuncia di Angela presentata alle autorità nel 2017 per fatti che tuttavia risalivano al 2015. È allora che la giovane – un’italiana del 1986 – si reca al patronato in via delle Betulle su consiglio di amici e conoscenti per chiedere un finanziamento di 7 mila euro necessario a coprire alcune spese mediche.

IL MECCANISMO
La pratica viene avviata ma il prestito tarda ad arrivare e così il gruppo dei quattro usurai decide di farsi avanti proponendo alla giovane donna il prestito ma con l’applicazione di tassi di interesse mensili oscillanti tra il 20 e il 25%.
La ragazza accetta e riesce in più tranche a mettere insieme 5.600 euro. Poi l’amara sorpresa perché una volta rientrata del debito con 10 mila euro, il gruppo non l’ha più lasciata in pace ma continuava a chiederle soldi con telefonate, messaggi e appostamenti. Nel corso degli ultimi anni, anche dai documenti sequestrati nel patronato, sono emerse molte altre vittime: gli approfondimenti condotti di finanzieri hanno accertato un più ampio sistema illecito perpetrato a danno di almeno altre dieci persone che vedendosi negare il finanziamento legale avevano fatto ricorso alla Di Martino ai suoi figli e al “finanziatore”. Tutti insieme, per evitare di farsi scoprire, parlavano in codice sia al telefono che nelle stanze del patronato. Un gergo cifrato secondo cui i prestiti erano «torte» o «feste», le rate «regali» e gli interessi «le candeline». 
Ultimo aggiornamento: 10:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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