Marcello, 62 anni, ternano, ha subito l’asportazione della prostata per un tumore che non aveva. La terribile diagnosi e poi l’intervento chirurgico invalidante a causa dello scambio dei vetrini della biopsia.
Tumore alla prostata
«Non ho mai voluto raccontare questa triste vicenda - dice - ma ora, dopo aver letto l’odissea di Anna Leonori, credo sia giusto che si sappia quello che ho dovuto subire». E’ il 17 febbraio 2015 quando gli arriva la sentenza della biopsia. Ha un tumore alla prostata e deve operarsi con urgenza. Ad agosto si sottopone all’asportazione totale, con le conseguenze ben note sulla funzionalità sessuale e sul controllo della minzione. Quando va al controllo il medico gli fa capire che la situazione è sotto controllo, tanto che non servono chemio e radio. «Ero felice - dice - non essendo un medico avevo capito che ormai dopo l’intervento ero guarito, che mi avevano salvato la vita». L’amara sorpresa arriva qualche mesi dopo, quando un uomo che conobbe il giorno della biopsia lo rintraccia sul messanger: «Ti devo parlare con una certa urgenza perché il giorno della biopsia c’era stato un problema».
«Ci siamo visti nello studio del suo legale a novembre. Quando mi sono seduto ha tirato fuori la lettera che l’ospedale di Terni aveva mandato solo a lui. C’era scritto dello scambio di vetrini della biopsia, io non avevo il cancro, lui purtroppo sì e andò a curarsi in altre strutture. Se non mi avesse avvisato non avrei mai saputo la verità». Marcello, con un’invalidità causata dagli strascichi di un intervento che non avrebbe dovuto fare, ha iniziato una lunga battaglia penale e civile, assistito dall’avvocato Luca Conti. La prima si è chiusa con la lieve condanna del medico che scambiò i vetrini, chiamato a pagare una provvisionale immediatamente esecutiva da 100mila euro per Marcello e 20mila per la compagna. La seconda con la recente sentenza del tribunale di Terni. Il giudice Luca Ponzillo ha condannato l’azienda ospedaliera di Terni a pagare 395mila euro a Marcello e 30mila alla compagna. Lui però ad oggi, tra ricorsi e richieste di sospensiva, non ha ricevuto alcun risarcimento.
«Un errore umano ci può stare ma il fatto che mi abbiano nascosto questa situazione non posso accettarlo. Non voglio pensare a come sarebbe finita se l’altro paziente, che il tumore lo aveva davvero, non mi avesse cercato per mari e monti per avvisarmi. Il mio astio - precisa Marcello - non è verso medici, infermieri e paramedici, che mi hanno pure chiesto scusa. Se avessi un problema urologico tornerei a curarmi lì. Quello che non accetto è il modo con cui, a livello legale-amministrativo, viene gestito un danno che ha cambiato per sempre la mia esistenza».
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