Roma, aiuta lo zio disabile a salire
sul treno ma non lo fanno scendere

Giovedì 5 Dicembre 2013 di Veronica Cursi
Roma, aiuta lo zio disabile a salire sul treno ma non lo fanno scendere
Doveva solo accompagnare suo zio, ottantenne con problemi di deambulazione, a prendere un treno alla stazione Tiburtina. Aiutarlo a salire sul vagone e riscendere in fretta. Invece le porte del treno si sono chiuse davanti ai suoi occhi e si è ritrovato a Napoli: «Prigioniero di Italo».



A raccontare la paradossale vicenda è Luigi Gallone, malcapitato viaggiatore. Venerdì scorso era andato alla stazione ad accompagnare suo zio Tullio che doveva prendere un treno per Napoli. «Dopo aver lasciato l’auto in sosta - racconta - visto che mio zio non è in grado di camminare speditamente e tantomeno di salire in carrozza con una valigia, l’ho accompagnato fino al binario. Convinto di ritornare in pochi minuti». Non sapeva che su quel treno ci sarebbe rimasto per più di un’ora.



Il ritardo «Il treno che doveva partire alle 17.57 è in ritardo. Previdenti, eravamo già all’altezza giusta della carrozza. Finalmente il treno arriva. C’è una lunga fila di persone che scende e dobbiamo attendere il giusto turno - continua - Salgo, saluto mio zio, poso la valigia, torno indietro e la porta del vagone si sta chiudendo. Faccio per mettere la mano e fermare la porta ma un addetto mi dice: non può fermare la porta, ora chiamo il capotreno e la faccio aprire». E lì comincia l’odissea. «Il treno - racconta ancora Gallone - è fermo per un paio di minuti e ho pazienza. Ma l’operatore non riesce a parlare col capotreno e il treno inizia a muoversi. Mi metto a gridare con un matto di farmi scendere. E’ inutile. Ormai devo arrivare a Napoli». La vicenda ha dell’incredibile. «Arriva il capotreno - racconta il viaggiatore e mi dice che devo pagare il biglietto. La sua teoria è che essendo il treno in ritardo, avrei dovuto sapere che sarebbe rimasto solo pochi minuti e quindi non dovevo salire. Il fatto che accompagnassi un passeggero con problemi di deambulazione e che non ci fosse nessuno del personale ad aiutarlo è irrilevante». Morale? Lo sfortunato malcapitato si ritrova a viaggiare verso Napoli. Dopo una serie di peripezie, Gallone riesce ad ottenere il permesso di tornare indietro senza pagare il biglietto. E dopo aver aspettato a Napoli per un’ora e un quarto, sale su un altro treno e torna a Roma. «Finalmente libero». Ma com’è possibile che non ci siano soluzioni alternative a fatti del genere?.



La replica. Dalla compagnia ferroviaria Italo spiegano: «Purtroppo nelle stazioni, soprattutto quelle di transito come Tiburtina dove il tempo della fermata è limitato a 3 minuti, non è possibile che gli accompagnatori salgano a bordo. Se lo fanno, rischiano di rimanere dentro il treno. Per questo il personale di Italo presente al binario è sempre a disposizione per offrire assistenza. Se una persona viaggia con la carrozzella può usufruire del servizio di accompagnamento attivo in tutte le stazioni». E ricordano: «Non è possibile riaprire le porte del treno una volta che si sono chiuse. Al segnale di via libera il treno deve partire e liberare il binario. Quando scatta il verde, il capotreno fischia due volte per sollecitare l’imbarco o lo sbarco di chi è ancora a bordo. Da questo istante, nessuno, neanche il personale di Italo, può arrestare il treno, se non nei casi di emergenza. Quando purtroppo accade che qualcuno resti dentro, si fa il possibile per alleviare il disagio. Ecco perché in questo caso, anche se non era dovuto, abbiamo offerto il biglietto gratuito di ritorno a Roma».
Ultimo aggiornamento: 6 Dicembre, 10:59

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