Lo chiamavano il signore dei diamanti, ma sono stati proprio i brillanti a far cadere l'impero di Maurizio Sacchi, 67 anni, amministratore delegato della Diamond Private Investment (Dpi spa), specializzata nella vendita di pietre preziose.
I FATTI
Ad indagare sulla cascata di diamanti era stata, un po' come James Bond nell'omonimo film del 1971, la Procura di Milano nel febbraio del 2019. Le indagini, condotte dal pubblico ministero Maria Grazia Colacicco, hanno visto coinvolte 73 persone e molti istituti bancari, che, secondo quanto emerso, compravano dalla Diamond Business spa e dalla Diamond Private per poi rivendere i diamanti a prezzi molto più alti. Visto il coinvolgimento di più istituti bancari con sede a Roma, si è convenuto che la competenza territoriale per il proseguimento del procedimento penale appartenesse alla Capitale.
L'accusa di autoriciclaggio mossa a Maurizio Sacchi, nonostante i due procedimenti siano separati, resta strettamente collegata a quella per truffa. Secondo quanto sostenuto dalla Procura di Roma, che lo ha rinviato a giudizio, avrebbe agito in concorso con altri soggetti, tra cui sua figlia e la compagna. Utilizzava la Dpi spa «per commercializzare diamanti a prezzi esorbitanti, in molti casi con la complicità delle banche - si legge nel capo d'imputazione - attraverso le quali i prodotti venivano pubblicizzati in maniera ingannevole». Poi, sempre stando all'accusa, avrebbe reimpiegato una parte dei profitti delle truffe - pari a 99,4 milioni di euro - nell'acquisto di nuovi diamanti (per 52,9 milioni di euro) e trasferendo altri 46,4 milioni di euro dalla Dpi ai conti corrente delle società controllate Diamond and Gold Distribution spa e Magnific spa.
LA DIFESA
Attualmente Sacchi è libero, ma i suoi beni sono ancora sotto sequestro: si parla di oltre 700 milioni di euro, quote societarie e attività finanziare per oltre 34 milioni di euro. «Sono tre volte che ci presentiamo e non si conclude nulla perché non vengono a testimoniare gli ufficiali della Finanza», ha commentato ieri a fine udienza l'avvocato Gian Domenico Caiazza, legale di Sacchi. «È un fatto che consideriamo molto grave perché noi vogliamo difenderci», ha aggiunto amareggiato.