Gaia e Camilla uccise a Roma, Genovese: «Sono disperato, non mi aspettavo una pena così»

Domenica 20 Dicembre 2020 di Giuseppe Scarpa
Gaia e Camilla investite e uccise a Roma, Pietro Genovese: «Sono disperato per quella notte, non mi aspettavo una pena così»
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«E adesso cosa succede?» Scoppia in un pianto disperato Pietro Genovese, si porta le mani sul viso alla lettura della sentenza che lo condanna, in primo grado, a otto anni di carcere. Il 21enne figlio del regista cinematografico Paolo è riconosciuto colpevole di duplice omicidio stradale aggravato delle due sedicenni Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli

Gli avvocati Franco Coppi e Gianluca Tognozzi cercano di consolarlo.

La situazione è difficile. A pochi metri di distanza scorrono altre lacrime, il risultato è accolto con favore dalle famiglie delle due vittime. Lo stesso giudice Gaspare Sturzo durante la lettura del dispositivo si commuove. Pietro Genovese esce a testa bassa e spiega: «Alla mia disperazione per la morte delle ragazze si aggiunge altra disperazione, non mi aspettavo una pena cosi severa» commenta. È frastornato. Lo stesso pubblico ministero Roberto Felici aveva avanzato una pena più mite, 5 anni. Non si aspettava una decisione del genere. 

IL DOLORE
Per il 21enne valgono sempre le stesse considerazioni che aveva rappresentato di fronte al giudice lo scorso settembre quando, durante la sua deposizione aveva sostenuto di non aver «visto le ragazze, ricordo di essere partito col semaforo verde. Non volevo uccidere nessuno e non volevo scappare». 
Poi aveva concluso dicendo che «la mia vita adesso è distrutta».

A quelle parole, dopo l’udienza del 28 settembre, aveva replicato la madre di Camilla Romagnoli, «sono profondamente delusa dalle dichiarazioni rese in aula da Pietro Genovese, sembrava che stesse recitando a memoria un copione già scritto, lui era indifferente a quello che è successo, non si è neppure girato una volta verso di noi che gli stavamo dietro. Avrebbe potuto chiedere perdono e non lo ha fatto. Si è limitato a dire che era affranto per quanto accaduto». Ieri, dopo la sentenza ad otto anni le parole della stessa donna erano in parte differenti: «la condanna di un ragazzo, anche se ha tolto la vita a mia figlia, non riesce a farmi piacere».

LA DIFESA
Ieri però non è stato solo Genovese a rimanere sorpreso per la decisione del gup Gaspare Sturzo. Anche gli stessi difensori hanno ascoltato meravigliati la lettura del dispositivo. La loro tesi difensiva si poggiava anche sul concorso di colpa delle vittime, che sarebbero state imprudenti nell’attraversamento. Non avrebbero utilizzato le strisce e sarebbero passate con il rosso pedonale. 

Una dinamica, evidentemente, non accolta dal giudice: «Per quanto ci riguarda la sentenza non rispecchia quello che è emerso dagli atti, soprattutto rispetto al rosso pedonale. Comunque tutte le sentenze si rispettano e le motivazioni ci daranno conto del ragionamento del giudice». Così hanno spiegato fuori dal carcere di Rebibbia gli avvocati Franco Coppi e Gianluca Tognozzi. 

«Il dramma di Pietro lo ha manifestato lui stesso durante questo processo, la morte di Gaia e Camilla ha cambiato per sempre la sua vita e non pensa ad altro da quel giorno - aggiungono i due legali Coppi e Tognozzi- evidentemente con la pena irrogata vede tutto ancora drammaticamente più buio».

Ultimo aggiornamento: 15:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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