La corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza di primo grado di condanna per la donna di Prato che ebbe un figlio da un 15enne a cui dava lezioni private di inglese. La donna, oggi 34enne, condannata per atti sessuali e violenza sessuale per induzione su minore, oggi ha avuto solo una riduzione di pena di 15 giorni sui 6 anni e 6 mesi inflitti dal tribunale.
L'operatrice sanitaria di Prato che dava lezioni di inglese privatamente a casa a un ragazzino di 13 anni, del quale è poi rimasta incinta, «ha di fatto sequestrato la vittima, tra l'altro figlio di una sua amica. Lo ha legato a sé e ha sperato di rimanere incinta, vero è che era delusa di un primo esito negativo del test di gravidanza e lo ha poi ripetuto a una settimana di distanza». Lo ha detto l'avvocato Roberta Roviello, legale di parte civile della famiglia della parte offesa, in aula al tribunale di Firenze .
Condannata in primo grado a 6 anni e mezzo per violenza sessuale su minore e violenza sessuale per induzione, la donna «ha fatto vivere a un ragazzino di 14 anni 20 mesi di angoscia. Non è stata una violenza singola. La donna gli ha fatto vivere un'esperienza sessuale non confacente alla sua età. Ed è evidente - incalza l'avvocato, parte civile contro la donna e non anche contro il marito, anche lui in aula con l'accusa di alterazione di stato civile - l'invadenza dell'imputata, la sua imposizione e l'induzione a esperienze sessuali non confacenti alla sua età». «La vita del ragazzino è stata travolta - ha ribadito l'avvocato - così come quella della sua famiglia, vero è che nelle more i genitori si sono separati. Quel bambino per il 14enne era e sarà un macigno, ma anche la terribile vicenda vissuta lo sarà. Per sempre».
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Ovviamente di diverso avviso il legale dell'imputata. «Il pubblico ministero definisce la parte offesa come un fanciulletto imberbe, incapace di distinguere tra urina e sperma. A dire però il contrario sono gli sms tra i due, nei quali il ragazzo chiede alla mia assistita precise prestazioni, di indossare perizoma, autoreggenti e tacchi. Messaggi dai quali si può anche dimostrare che la relazione sessuale ha inizio dopo il compimento dei 14 anni e non prima». Lo ha detto nell'aula della Corte d'Appello di Firenze l'avvocato Mattia Alfano, che insieme al collega Massimo Nistri difende la donna di Prato condannata in primo grado a 6 anni e mezzo. «La sessualizzazione è ad oggi molto anticipata - ha continuato, rivolgendosi al giudice Anna Maria Sacco - è in corso una anticipazione di tutto, di cui dobbiamo prendere atto. La mia assistita ha fatto pressioni, ma non sessuali, cercava affettività: sbagliata, malata, eticamente condannabile, ma affettività. L'allievo rispondeva con messaggi dettagliati ed espliciti, suggerendole di guardare dei video per eseguire meglio una prestazione richiesta. Non si ha a che fare con un soggetto passivo che subisce pressioni sessuali, lei lo faceva per sentirsi dire di essere amata. Sbagliando, ma quello voleva, essere amata». «Non si è mai sottratta al confronto, non ha cancellato i messaggi e ha raccontato fatti potenzialmente distruttivi per lei, si è sottoposta volontariamente a un supporto psicologico e si sta facendo curare - incalza l'avvocato - In tutto questo la parte offesa ha continuato poi a cercare rapporti con altre coetanee, a dimostrazione che non ha avuto la sessualità devastata».