Omicidio di Pamela, al processo la madre sfida l'imputato Oseghale: «Guardami negli occhi»

Mercoledì 13 Febbraio 2019
Pamela, il legale: «Non è stato solo vilipendio di cadavere, ma un atto diabolico»
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La madre di Pamela, Alessandra Verni, che in aula sfida Innocent Oseghale, chiuso nel gabbiotto, a sostenere il suo sguardo. Lui, il pusher nigeriano 30enne, accusato di aver stuprato, ucciso e fatto a pezzi la 18enne romana, in silenzio evita il 'confronto'.

«Non mi ha guardato, non ha le p...», dice la donna. Tensione emotiva in aula dove i genitori della giovane si sono ritrovati di nuovo faccia a faccia con il presunto carnefice della figlia nella prima udienza del processo in Assise a Macerata per le accuse di omicidio volontario, violenza sessuale, vilipendio e occultamento di cadavere. Un giudizio che si annuncia a colpi di consulenze medico legali per dimostrare tesi contrapposte: Pamela, che si era allontanata da una comunità, venne stuprata e uccisa con due coltellate, sostengono la Procura e parti civili; morì di overdose da eroina e Oseghale ne smembrò il corpo per disfarsene in due trolley, la tesi che la difesa oppone.

Oltre 40 i testimoni, sommati agli esperti medico legali delle parti, verranno sentiti nel fitto calendario di udienze: 6, 13, 20 e 27 marzo, 3, 24 aprile 8 e 15 maggio. A maggio potrebbe arrivare la sentenza mentre Oseghale potrebbe essere sentito il 3 aprile. Parti civili i genitori di Pamela, Alessandra Verni e Stefano Mastropietro, il Comune di Macerata e il proprietario della mansarda di via Spalato 124, ancora sotto sequestro, dove si consumò lo scempio il 30 gennaio 2018.

Fuori dal tribunale amici della famiglia della 18enne hanno liberato in cielo palloncini bianchi, rossi, alcuni a forma di cuore con la scritta Pamela, e applaudito: esposti due striscioni con le scritte «Giustizia per Pamela» e «Pamela vive». Non ci sono state le tensioni registrate prima dell'udienza preliminare lo scorso novembre: i legali di Oseghale, Simone Matraxia e Umberto Gramenzi, vennero insultati e presi a sputi.

Oggi sono stati scortati in tribunale, presidiato dalle forze dell'ordine, da agenti in borghese. Dentro l'aula a numero chiuso presente il questore Antonio Pignataro. Il sindaco Romano Carancini e la madre di Pamela hanno parlato a lungo per un chiarimento dopo le accuse al Comune di aver dimenticato la ragazza: il primo cittadino ha ribadito la vicinanza della città alla famiglia e ha invitato i genitori alla commemorazione di Pamela, il 18 febbraio in Consiglio comunale. La famiglia non potrà esserci per altri impegni ma attende le decisioni per un'iniziativa per ricordare Pamela.

Nel processo, accusa sostenuta dal procuratore Giovanni Giorgio e dal pm Stefania Ciccioli, la Corte ha bocciato l'istanza preliminare della difesa, dando via libera all'utilizzo degli accertamenti irripetibili compiuti per conto della Procura. Il 6 marzo testimonierà il collaboratore di giustizia Vincenzo Marino: sostiene che Oseghale in carcere gli confidò di essere colpevole. Il 20 e 27 marzo spazio ai consulenti tra cui Roberta Bruzzone, criminologa incaricata dalla famiglia della ragazza e oggi presente in aula: «Pamela era in condizioni d'incapacità e di minorata difesa quando lasciò la comunità - ha attaccato a margine dell'udienza - In balia di sé, dei suoi impulsi e di chi le prospettasse un minimo sostegno». «

Sul banco degli imputati avrebbe dovuto esserci anche qualcun' altro - ha aggiunto -.

Prima del tragico epilogo, Pamela ha incontrato una serie di persone che hanno approfittato di lei: se avessero agito responsabilmente oggi non saremmo qui». E per Oseghale, la famiglia vorrebbe il «massimo della pena».


Intanto, per quanto riguarda il dibattimento, «Quando usciranno fuori le foto vi renderete conto anche voi che questo non è stato un semplice depezzamento, ma un qualcosa di crudele e diabolico che dovrebbe essere appositamente legiferato con pene molto, molto severe. Non è un semplice vilipendio di cadavere: il nostro Stato si deve adeguare a queste nuove forme di criminalità molto brutali». Lo ha detto l' avvocato Marco Valerio Verni, legale della famiglia Mastropietro, al termine della prima udienza in Corte di Assise nei confronti di Innocent Oseghale per la morte della 18enne romana.  «Viviamo in uno Stato, il nostro, in cui c'è un'asimmetria del diritto. Il nostro diritto si dovrebbe “aggiornare a queste nuove ipotesi criminose - ha continuato - Oseghale ha confessato di aver depezzato Pamela e certamente è quello che gli conviene dire perché ciò prevede una pena minore rispetto all'omicidio o alla violenza sessuale». 



Il legale del nigeriano. «Il processo inizia con la deposizione del cosiddetto collaboratore di giustizia che in carcere ad Ascoli Piceno avrebbe raccolto le confidenze di Innocent Oseghale, il quale gli avrebbe detto che ad uccidere la ragazza è stato lui». Lo afferma l'avvocato Umberto Gramenzi, insieme a Simone Matraxia legale di Innocent Oseghale, al termine della prima udienza in Corte di assise a Macerata per il caso di Pamela Mastropietro, riferendosi alla testimonianza di un pentito, prevista nella prossima udienza.

«Se gli accertamenti tecnici già deponevano per una soluzione in tal senso» il legale si chiede «l'esigenza di ascoltare questo soggetto che poi dovrà essere valutato. Ho chiesto che vengano acquisite tutte le sentenze pronunciate nei suoi confronti da tutti i giudici italiani sul territorio nazionale per valutare la sua credibilità». «E stato detenuto in quel carcere 10-15 giorni e in quei giorni avrebbe raccolto questa confessione e poi è stato trasferito a Pescara - osserva Gramenzi - Tutte le altre persone che sono state in cella con Oseghale per tutto il periodo di detenzione verranno qui a dirci se anche a loro è stato detto questo e cosa possono riferire».

L'avvocato si dice «sorpreso» dal fatto che questa persona invece di essere «ascoltata successivamente, giusto per corroborare la tesi dell'accusa», «è diventato il teste più importante che viene addirittura sentito per primo». Riguardo alla presenza nella lista dei testimoni degli altri due nigeriani, Lucky Desmond e Lucky Awelima, inizialmente indagati per il delitto ma nei confronti dei quali la procura ha chiesto l'archiviazione, l'avvocato ha concluso: «Ora avranno anche il diritto di avvalersi della facoltà di non rispondere perché il pm ha chiesto l'archiviazione ma il gip ancora non ha archiviato nulla. Sono ancora dentro al processo con tutte le scarpe».

Rispetto agli altri due nigeriani, ha ricordato il legale, Oseghale afferma che non erano nell'abitazione in cui è morta Pamela e in un primo momento aveva affermato il contrario solo per non dire alla compagna che in quell'abitazione era solo con la ragazza.

Ultimo aggiornamento: 20:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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