Pamela Mastropietro, la Cassazione: ergastolo per Oseghale. «Nell'Appello-bis per lo stupro la pena potrebbe essere ridotta»

La madre della vittima fuori dal palazzo di giustizia: «Ammazzano, violentano, fanno a pezzi e lo Stato italiano non fa nulla»

Mercoledì 23 Febbraio 2022
Pamela Mastropietro, la Cassazione: ergastolo per Oseghale. «Nell'Appello-bis per lo stupro la pena potrebbe esere ridotta»

Non arriva la parola fine nella vicenda giudiziaria legata al drammatico omicidio e stupro di Pamela Mastropietro, la 18 enne romana uccisa e fatta a pezza il 30 gennaio del 2018 a Macerata. La Cassazione ha infatti disposto un nuovo processo d'appello per Innocent Oseghale, 32enne pusher nigeriano accusato della morte della giovane, in riferimento alla sola accusa di violenza sessuale. Gli atti verranno inviati a Perugia dove si celebrerà un nuovo processo di secondo grado che potrebbe portare anche ad un abbassamento della pena a 30 anni dopo l'ergastolo riconosciuto all'imputato in primo grado e nel primo processo d'appello.

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Per la sentenza definitiva si dovrà quindi ancora attendere e tra i familiari della ragazza non si nasconde la delusione per la decisione presa oggi dalla Suprema Corte dopo alcune ore di camera di consiglio. «La madre di Pamela è amareggiata, per lei è un supplizio - commenta il legale Marco Valerio Verni, zio della ragazza - Speravamo di chiudere questa vicenda oggi ma la decisione dei giudici ci lascia l'amaro in bocca perché dovremmo affrontare un nuovo processo con il rischio di una riduzione della pena.

Noi siamo convinti che Oseghale sia l'autore anche dello stupro. Se la procura di Macerata avesse messo maggiormente a fuoco, nel processo di primo grado, le patologie psichiatriche di cui purtroppo era affetta Pamela forse saremmo arrivati al vaglio della Cassazione più blindati: questo prologo di processo rappresenta per noi una dolorosa pena».

Gli 'ermellini' hanno accolto parzialmente le richieste del pg Francesca Loy che aveva sollecitato l'inammissibilità delle istanze presentate dalla difesa. La decisione della Suprema Corte arriva a 14 mesi di distanza dalla sentenza della Corte d'Assise d'appello di Ancona che nell'ottobre del 2020 aveva ribadito in pieno l'impianto accusatorio dei pm di Macerata. Nel corso del processo di secondo grado, Oseghale, aveva respinto l'accusa di omicidio. «Non l'ho uccisa io», aveva sostenuto in aula ammettendo però di averne sezionato il corpo per disfarsene perché non entrava in valigia.

«Ero sotto choc, confuso, agitato - aveva riferito davanti ai giudici marchigiani - ho fatto una cosa terribile...mi dispiace». Il corpo della giovane venne ritrovato all'interno di due trolley sul ciglio di una strada a Pollenza, vicino Macerata, dove Oseghale l'aveva lasciato. L'uomo uccise Pamela con due coltellate al fegato dopo aver avuto con lei un rapporto sessuale, approfittando dello stato di fragilità della ragazza - con doppia diagnosi borderline e di tossicodipendenza - scappata il giorno prima da una comunità terapeutica e che aveva assunto eroina procurata proprio per il tramite di Oseghale. L'omicidio, secondo l'accusa, sarebbe stato il modo per evitare che lei lo denunciasse. Il 32enne ha sempre sostenuto che Pamela accusò un malore in casa dopo essersi iniettata eroina e che poi morì: lui, preso dal panico, secondo la sua versione dei fatti, smembrò il corpo solo per disfarsene.

Ultimo aggiornamento: 27 Febbraio, 12:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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